Scrivono i Prof

Editoriale di marzo: "Leggendo gli articoli dei ragazzi..."

Scritto da La cinciallegra il 03 Marzo 2011.

Leggendo gli articoli dei ragazzi sul LogBelli, mi convinco sempre di più che i giovani sono meglio degli adulti e che bisognerebbe smetterla con i soliti luoghi comuni e i piagnistei che raccontano di adolescenti viziati, disinteressati, superficiali. Troppo spesso sono racconti “per sentito dire”. Racconti fatti da chi parla dei giovani senza aver speso tempo per parlare con i giovani.

Leggendo gli articoli dei ragazzi, credo che l’ “emergenza educativa” che caratterizza drammaticamente la nostra epoca - e che è un’emergenza sul serio! - riguardi soprattutto gli adulti, sempre meno preparati ad essere ciò che dovrebbero essere, e cioè capaci di additare mete alte, e speranza, e porti da raggiungere. Mediatori in grado di suscitare la nostalgia del futuro di cui i giovani hanno bisogno come l’aria che respirano, per poter affrontare le sfide della vita.

Leggendo gli articoli dei ragazzi, credo che, genitori ed educatori, avremmo tutti bisogno di fermarci ad ascoltare le tante domande che si pongono e che ci pongono. Ascoltarli pazientemente, senza fretta.

Leggendo gli articoli dei ragazzi, si sente aria di primavera. E non si può non provare imbarazzo per lo sconforto che spesso traspare dai nostri volti, dalle nostre facce lunghe, dalle nostre braccia che si allargano sconsolate, come a dire “non so più che cosa fare, in che direzione andare…”.

Leggendo gli articoli dei ragazzi, credo che, per ritrovare energia e passione noi, in fondo sarebbe sufficiente guardare la loro giovinezza. Sì. Perché la giovinezza del cuore è contagiosa. Basterebbe guardare i loro occhi spalancati sul mondo, alla ricerca di una vita grande e piena, alla ricerca della felicità, per ritrovare, noi, la speranza che c’era e che abbiamo dimenticato nel doppiofondo del cuore.

Credo che per conoscerli davvero dovremmo avere la pazienza di leggere ciò che scrivono.

Anche sul LogBelli: questo modestissimo giornale online che – direbbe Ungaretti – “non fa più rumore/ del crescere dell’erba”, eppure a volte pare anni luce più avanti, rispetto alla stampa nazionale e locale: agli articoli dei “grandi”, in stato di indignazione permanente. Adulti che urlano, giudicano, curiosano, schiamazzano, si insultano, spettegolano, pontificano, centrifugano, amplificano, semplificano, nascondono, confondono, banalizzano…

Il cuore dei giovani romba come un mare in tempesta. E pompa domande, più ancora che sangue! Chiede risposte, chiede bellezza. E vede adulti confusi, incattiviti, arroganti, rabbiosi; capaci solo di tirar fuori dagli altri e dalla realtà il peggio, come più non esistessero possibili spiragli di bene.

Leggendo gli articoli dei ragazzi, vedo e sento questo: giovani che prendono sul serio la vita e le esperienze che dona, convinti che in esse sia in gioco qualcosa di estremamente importante.

Ma noi, distratti, spesso guardiamo tutto e non vediamo nulla, ascoltiamo e non sentiamo, leggiamo e non capiamo.

C’è un possibile “di più” nel giornalismo; anche in questi semplici articoli di adolescenti che stanno sperimentando per la prima volta il gusto di quando si esprime a parole ciò che si pensa. E raccontano, come son capaci, i loro sogni, i desideri, le speranze: benzina e vigore delle loro giornate.

C’è un “di più”, nei loro articoli, oltre all’ informazione e all’ opinione su ciò che han vissuto. Nei loro “pezzi” si fa strada, timido ma tenace, il desiderio di comprendere, sia nel senso del “tenere insieme”, sia perché, dopo aver messo nero su bianco, i ragazzi sono cresciuti: sono pentati un po’ più uomini e un po’ più donne. Come se, nelle cose vissute e poi raccontate, avessero fatto esperienza di qualcosa di loro che sta nel profondo e che pareva dimenticato. Chi ha scritto è stato smosso nella profondità del cuore, perché si è sentito sfidato dalla realtà e dalle sue domande.

Tanti studenti, in questi mesi, hanno dimostrato di saper fare di più che “giocare ai giornalisti”: arrivare sul posto, seguire la conferenza, lo stage, o lo scambio, osservare, prendere appunti, elaborare informazioni, per poi tornare alle cose di sempre e dimenticare. Qualcosa li ha spinti a cercare di capire.

Credo sia stato proprio questo: accorgersi che “c’è qualcosa di più”, al di là dell’apparenza, ciò che ha spinto questi ragazzi a scrivere per il LogBelli. Ed è la consapevolezza di questo “di più” che, in fondo, aiuta a pentare pienamente uomini e pienamente donne: andare oltre la scorza dura della realtà. Cercare tenacemente, ostinatamente, “il varco”, come direbbe Montale.

A volte è come se, giovani e adulti, guardassimo fuori dalla finestra e commentassimo asetticamente e cioè con occhi “abituati”, ciò che ci si para davanti. Senza una partecipazione, senza un coinvolgimento. E così il rischio, per tutti, è la riduzione, l’impoverimento di un modo di guardare la realtà che penta zoppo, perché staccato da ciò che è tipicamente umano. E invece, oggi più di sempre, c’è bisogno di occhi da uomo e orecchie da uomo e mani da uomo che scrivano e raccontino ciò che le orecchie hanno udito e gli occhi hanno visto, perché, in mezzo al rumore che assorda e alle mille informazioni che ricevono ogni giorno, i ragazzi ci chiedono di essere accompagnati al cuore pulsante della vita.

Gli articoli dei nostri studenti ci stanno sfidando ad uno sguardo positivo, che non significa né ingenuo né buonista. Ci chiedono che si spalanchino, finalmente, le finestre delle aule e si lasci parlare la realtà con la sua forza. Ci chiedono di abbandonare inerzia e viltà per far posto al coraggio di guardare avanti con speranza, scommettendo, fiduciosi, sulla nostra e sulla loro vita.

"Io mi concepisco come un uomo che ha cozzato in molti scogli,
ha evitato a malapena il naufragio passando in una secca,
ma conserva ancora la temerarietà di mettersi in mare
con lo stesso battello sconquassato,
mantenendo intatta l'ambizione di tentare il giro del mondo
nonostante queste disastrose circostanze".
(David Hume)

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