Nebbia che vela e svela
Scritto da La cinciallegra il 08 Dicembre 2010.
C’è nebbia, oggi. E nel bianco che sembra fondere cielo e terra, ogni cosa appare velata.
Cammini, e alberi e case e persone ti si parano davanti all’improvviso. Come un “evento”.
E’ bello, pensi, questo sguardo nuovo sulle cose solite. In fondo la strada da casa al centro è la stessa. Anche questa fila d’ippocastani. E la casa gialla, all’incrocio. E quell’albero di cachi. E la signora che hai salutato con un sorriso…
Eppure questa nebbia di oggi e la tua miopia di sempre sembrano un invito a guardare la realtà con un’attenzione diversa, tanto da accorgerti, stupita, che tutto quello che normalmente dai per scontato è invece “avvenimento”: la bici che sbuca all’improvviso, il marrone sfumato delle foglie che cadono danzando, il rosso dei ciclamini infreddoliti sul balcone del condominio, il cane che, svogliato, attraversa la strada e quell’auto che frena di colpo… La realtà c’è. Nonostante la tua distrazione. E le cose che la nebbia ti s-vela esistono, o accadono. Non pre-viste, non cercate.
Come l’incontro con la tua alunna, in centro, e quell’orzo fumante bevuto al caldo in un bar. E parole e occhi adolescenti che ti confidano la vita e le sue ferite. E poi il saluto, con un abbraccio che modella i corpi in un disegno di speranza.
Camminando, mentre riprendi la strada di casa, rifletti.
L’attesa. Non è qualcosa di passivo, “attendere”. Fermi, aspettare apatici, inermi. Già solo contare i giorni, e le ore, e i minuti, e i secondi, aspettando qualcosa (o qualcuno, o Qualcuno) è “ad – tendere”, protendersi verso. Pensi all’attesa di un figlio da parte di due sposi; a quella di un parente o di un amico che viene a visitarci da lontano. Pensi ai tuoi studenti e all’attesa dell’esito di un esame decisivo, o di un colloquio di lavoro. Pensi ai legami affettivi e all’attesa dell’incontro con la persona amata, della risposta ad una lettera, o ad una mail…
Con quanta cura ci si prepara all’incontro con chi si ama! Allora il tempo corre troppo in fretta durante i preparativi e sembra di non essere mai abbastanza belli, abbastanza pronti, abbastanza “a posto”.
Sarà che sono nata a dicembre, mi dico. Due giorni dopo Natale. E’ forse questo che mi ha insegnato a preparare il cuore, durante l’attesa. Sì, perché, da sempre, attendo il Natale, prima, e il mio compleanno, subito dopo, con un fremito che non so descrivere, e con la gratitudine di chi sa che entrambe son vite non da noi chieste, ma ricevute in dono: la prima ad illuminare la seconda. “Avvenimenti”. Vita che ri-nasce, il 25 dicembre, per tutti, e “vita che non osai chiedere e fu, / mite, incredula d'essere sgorgata / dal sasso impenetrabile del tempo, / sorpresa, poi sicura della terra, / vita ininterrotta nelle fibre / vibranti, tese al vento della notte...” la mia fragile vita di creatura, così ben descritta dal poeta Mario Luzi.
Oggi, la nebbia col suo velo leggero appoggiato sulle cose mi ha regalato di nuovo lo stupore bambino nei confronti della vita: piccole tessere variopinte di un mosaico che prende forma, poco alla volta. Una realtà che ha una voce e una lingua tutta sua. E “parla”. Basta avere il desiderio di ascoltarla.
E l’incontro imprevisto con la mia alunna, in centro, mi ha ricordato che la vita, magari inconsapevolmente, è “attesa”. (La sua di me? La mia di lei? La nostra di…noi?). Attesa di un incontro. Attesa che accada “qualcosa”. Attesa. E dunque speranza.
Quando, come oggi, la nebbia che vela, svela, puoi anche decidere di voltare la testa dall’altra parte e fingere di non vedere. Ma la realtà c’è. Ed è dono. Penso a questo e sorrido, mentre sto per varcare il cancello di casa, perché capisco che, in fondo, vivere è facile. Basta dire sì. Sì alle cose che accadono. Cercate o inaspettate. Vederle emergere dalla nebbia, accoglierle e viverle.
Come le gemme della mia camelia in giardino. Discrete e silenziose attendono e si preparano, certe della primavera che verrà. Come i bulbi dei mughetti, sotto la terra fredda nei vasi che anche quest’inverno, come sempre, dimenticherò vicino alla siepe e che pure, il cuore lo sa, bianchissimi e puntuali, a maggio, faranno capolino tra il verde delle foglie. Una volta ancora.