Scrivono i Prof

Istantanee di un'Italia al Salami (in attesa dell'ultimo sabba)

Scritto da Prof. B il 11 Aprile 2011.

non avrai altro cuore all'infuori di me

“Siamo alle mattane finali, non più proposte in saldo ma regalate, anche a chi non ne vorrebbe sapere.” Questo concludevo settimane or sono, dovendo recuperare un quattro in attualità, mentre passavo da un telegiornale a una trasmissione di approfondimento con l’intenzione, poi rientrata, di discuterne in classe. Sulla situazione italiana si è recentemente espressa una filosofa (Roberta De Monticelli, La questione morale, Cortina, Milano 2010), la quale scomoda Machiavelli e Guicciardini per spiegare come l’italico scetticismo etico affondi in una storia di antiche sudditanze.

La tesi è argomentata con dovizia di citazioni ma, scorrendo le pagine del libro, viene fatto di esclamare: “Machiavelli e Guicciardini? Troppa grazia, signora mia!”.
Davvero, pensare che ciò che quotidianamente intossica il nostro presente possa venir nobilitato dall’accostamento anche solo a mezza riga dei grandi, è fare torto all’unica cosa che ci resta: il passato. Tuttavia, continuando a sfogliare, mi imbatto in un capitolo che s’intitola “Facce patibolari”: lì sì che, pregustando aria di casa, il ciglio s’inumidisce commosso. La memoria va infatti al vero possibile storico della nostra contemporaneità, a quel commendator Salami che, negli anni della perduta giovinezza, sul settimanale “Cuore” teneva un bestiario all’insegna di un lombrosianesimo spicciolo.

Profeta del cupio dissolvi di là da venire, Salami andrebbe riscoperto e celebrato come chi ha saputo predire la fine incombente, decifrandone anzitempo i segnacoli. Oggi, ad apocalisse in corso, il cimento fisiognomico in cui il Nostro eccelleva è pur sempre alla portata di tutti, e sempre in grado di appagare il masochismo nelle serate di pioggia. A titolo d’esempio ecco alcune istantanee, catturate a caso come s’addice al tema: figurine lumeggiate con tutto il realismo di cui siamo capaci, in omaggio al Commendatore e al suo (in)imitabile stile.

Ad aprire l’album è, in un’intervista concessa a “Che tempo che fa”, la meritòcrate ministressa delle abilitazioni fuori sede: caricata come un grammofono d’antan, in lei – chioserebbe il Salami – sotto la còfana paraspifferi è l’impero dell’eco, il trionfo dell’assenza, l’apoteosi dell’antimateria. Non lesinando insulti ai dipendenti del suo ministero, nostra Signora delle contumelie interloquisce con la ripetitività di un unico motivetto, inciso a sua insaputa nei solchi del vinile.

Imperversa altrove altra vestale dello s-governo: in tailleurino griffato a comprimerne il vuoto, dimostra che ormai è la vita a imitare l’arte (del chirurgo plastico, s’intende). Impitonìta oltremisura, spalanca le fauci nel suo malriuscito birignao, in risposta a domande che nessuno le pone, per abbandonare infine – indignata in ritardo – gli studi televisivi. Ma l’amor vacui, assurto a canone estetico e somatizzato, non risparmia certo il sodale formigone, già cantato a suo tempo dall’ottimo Schopenhauer: costui crede di aver esorcizzato il nulla a colpi di fon, e se ne bea. Che si ritenga beato, inverosimilmente pago di se stesso, si evince da come catechizza l’uditorio, movendo il testone cotonato a dispensare, urbi et orbi, i suoi perdibili fervorini.

Che dire poi del loschissimo figuro proiettato a tutto schermo, benché non in fascia protetta, nel telegiornale della notte? Bisunto per i cotechini ingollati a spese dei baggiani, che affidano alle sue cure le loro smanie troniste, a descriverlo degnamente servirebbe un Rabelais: analfabeta di andata, laido, mellifluo quanto può esserlo un capitan Findus da Telefono azzurro, pontíficante con voce flautata su vizi privati e pubbliche virtù, è l’emblema dell’Italia alla deriva, pronta a inabissarsi sulla nave dei folli. Con lui, il “paese ove il sì suona” effonde i suoi ultimi cacofonici rantoli, in attesa del sabba che metta a dimenarsi sul collo, in una girandola infernale, gli acefali scilipòti di tutte le risme. Facile indovinare chi aprirà le danze.

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