Scrivono i Prof

Imparare uno sguardo

Scritto da prof.ssa Luisella Saro il 21 Maggio 2011.

Scusi prof
Sono schietti, i ragazzi. E veri. E’ questa, credo, la loro qualità più bella; quella capace, ancora, di scuoterci dal torpore dell’abitudine.
E’ capitato l’altro giorno. Dico “l’altro giorno” perché l’esempio che sto per raccontare può valere per tutti. Ma potrei farne mille, di esempi, e scrivere ogni giorno qualcosa che, in classe, mi costringe a mostrare il mio volto. A dire chi sono.
“Scusi, prof.”, mi chiede Luca, quindici anni, mentre, dopo il “buongiorno”, compilo il registro. “…per lei è giusto esultare perché è stato ammazzato Bin Laden?”.
Sono schietti, i ragazzi. E veri. Non usano giri di parole. Non si accontentano di conoscere (o magari anche approfondire) ciò che la loro giovane età sa solo per sentito dire: immagini in tivù, ricostruzioni sui giornali, frammenti di frasi distrattamente ascoltate, negli anni, dai genitori…
Volessero solo sapere chi era Osama Bin Laden e cosa è accaduto “quell’” 11 settembre a New York o, in Pakistan, il primo maggio, in fondo basterebbe internet. Scelgo un motore di ricerca, digito, clicco, leggo.
Invece no. C’è, nel cuore dei ragazzi, desto e urgente, il bisogno di sapere, più ancora di cosa accade e come, ciò che è bene e ciò che è male. Ciò che è giusto e ciò che giusto non è.
Anche (ancora di più?) nella società postmoderna in cui ci fanno credere che tutto è relativo. Anche quando per par condicio sarebbe opportuno dare la parola ad un cinquanta per cento che è per il “sì” e un cinquanta per cento che è per il “no” e così la bilancia, alla fine, è in perfetto equilibrio. Anche quando si dis-educa al giudizio critico, senza rendersi conto che senza giudizio critico l’uomo è meno uomo e diventa preda facile perché indifesa.
Sento la domanda di Luca e sono con le spalle al muro.
Non esiste un “ni” come risposta a quella domanda: ad una domanda secca, posta in quei termini. Devi esporti. Devi dire “sì” e spiegarne le ragioni, oppure motivare il tuo no.
Certo c’è l’escamotage: quanto siamo diventati bravi, noi adulti post-moderni, nichilisti, relativisti, tolleranti, dialoganti, politicamente corretti, ad arrampicarci sugli specchi, o a proporre “lavori di gruppo” e ricerche in internet, per “approfondire”, aspettando, in realtà, che passi l’ora il più velocemente possibile senza esporci, senza dare risposta…
Impossibile. Conosco la tenace insistenza di Luca e so che non mi avrebbe “mollata”. La domanda era posta a me. In prima fila, impaziente, mi sfidava con gli occhi.
I vigliacchi fuggono. O chi ancora non è stato capace di farsi un’idea della vita e sulla vita.
Ho detto il mio “no”, secco come la sua domanda. “Nessun uomo può esultare per la morte di un uomo”, ho esordito decisa. Mi sono presa qualche minuto per argomentare la mia posizione, poi ciascuno, con libertà, ha detto la sua, in una lezione che credo non dimenticheremo.
Spero che Luca abbia posto la stessa domanda, con la stessa schiettezza, anche agli altri insegnanti, anche ai suoi genitori, anche agli amici. E che tutti, spalle al muro, abbiano motivato il loro “sì, perché…” o dato ragione del loro “no, perché…”.
Ascoltando, ragionando, vagliando, Luca si sarà fatto la sua idea sul valore della vita (la vita di tutti e di ciascuno), o si starà ancora ponendo domande, chissà.
Quel che è certo è che conoscere, capire, comprendere non sono processi meccanici: il computer con i suoi sofisticatissimi software non è sufficiente, non soddisfa, perché informa e basta. Per formarsi, ce lo ricordano i nostri studenti ogni giorno, c’è bisogno di incontrare persone in carne ed ossa attente alla realtà, critiche di fronte alle situazioni e ai problemi, disponibili a mettere in gioco la propria umanità.
Per formarsi occorre imparare uno sguardo.

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