Editoriale di dicembre: "Come al circo"
Scritto da La cinciallegra il 02 Dicembre 2010.
Come al circo. Sì. Se fossi uno studente, oggi, e potessi esprimere un desiderio, esprimerei questo. Vorrei la scuola come il tendone colorato di un circo. E gli insegnanti che, funamboli, acrobati, trapezisti esperti, insegnano con passione ai più giovani tutto ciò che hanno imparato nel tempo e che li ha resi capaci di essere un po’ funamboli, un po’ acrobati, un po’ trapezisti non solo in questo mio circo immaginario che è la scuola, ma nella vita di ogni giorno.
E vorrei giovani che sgranano gli occhi e non si distraggono un secondo, avendo davanti adulti “così”. Giovani che desiderano imparare semplicemente perché imparare è bello. Giovani che chiedono di esercitarsi con prove via via sempre più difficili, senza paura. O con quella giusta dose di timore e tremore che nasconde la consapevolezza del valore di ciò che ci si accinge a compiere, dà slancio alla libertà e affina il senso di responsabilità.
Giovani tenuti da mani sicure, prima, e poi mollati, gradualmente, perché ciascuno verifichi cosa ha imparato, cosa sa fare. E provi la bellezza e il gusto di chi, un passo alla volta, sta diventando capace di rispondere alle piccole e grandi sfide della vita, che è proprio come la pista di un circo. Ma sapete cosa vorrei, più di ogni cosa? Se fossi uno studente, oggi, e potessi esprimere un desiderio, vorrei la certezza che, se cado, non trovo il vuoto, ma una rete.
Avete presenti quelle fasce di maglia di corda elastica predisposta, nei circhi, per salvaguardare gli acrobati e i trapezisti? Proprio quella.
Vorrei… Vorrei la scuola così. Un tendone colorato come quello del circo, una pista dove provare esercizi all’inizio semplici e guidati, e poi più impegnativi (ma ancora a terra), e poi…una scala. Salire e cimentarsi in prove sempre più difficili, sempre più in alto. Sbagliare, cadere, rialzarsi e ricominciare con un sorriso, anzi due: il mio e quello dell’insegnante che ho accanto.
Un saltello, un volteggio e una capriola prima, un triplo salto carpiato all’indietro dopo cinque anni di lavoro ma, sempre, la certezza della rete, lì sotto, ad accogliermi se cado.
Rimbalzo un po’, salgo di nuovo la scala, sudato riprovo l’esercizio una volta, due, tre, e ancora e ancora e ancora, finché non l’ho imparato bene. Vorrei questo. E vorrei… Vorrei che quella rete fosse tessuta, con la tenerezza e la pazienza delle mani callose dei pescatori di un tempo, dai miei genitori e dai miei insegnanti.
Li vedo, quando si incontrano nell’aula 207 e parlano di me, studente per un giorno. Li osservo e vorrei che le parole che si scambiano non tessessero reti che dividono, confini invalicabili: genitori di qua, insegnanti di là e, in mezzo, quel vuoto angosciante che se cado mi uccide.
(Il mio cuore lo sa che è questa la cosa che mi frena di più: il terrore delle maglie che non tengono. Di quel buco maledetto…). Vorrei vedere lettere che diventano parole e parole che diventano corde e mani adulte ed esperte che, insieme, intrecciano quelle corde fino a formare una rete sicura che possa accogliermi quando cado. So che, così, la paura di imparare e di crescere e di vivere cesserebbe.
Vorrei forza, pazienza, tenerezza dagli adulti. E tenacia da me: funambolo, acrobata, trapezista “in erba”. Vorrei un tendone colorato come quello del circo, una pista per imparare esercizi anche faticosi, purché servano a vivere, adulti che non si stanchino di farmi vedere “come si fa”, una rete elastica che mi dia sicurezza, il sorriso della speranza nel mio piccolo cuore un po’ pagliaccio, gli applausi incoraggianti di amici - amici.
E uno spettacolo meravigliosamente nuovo, ogni nuovo giorno.