Scrivono i Prof

C'è modo e modo

Scritto da prof.ssa Luisella Saro il 29 Marzo 2010.

Che sia Benjamin Franklin, noto forse ai più per la scoperta, seppur controversa, del parafulmine, a darci lo spunto per la riflessione importante che stiamo per fare, può suonare un po’ strano.
Tant’è.
Evidentemente, proprio perché parte delle sue energie furono spese in ricerche relative all’elettricità, fu proprio Franklin a dire una frase che meglio non potrebbe spiegare le modalità che abbiamo sperimentato e sperimentiamo ogni giorno in questa “scommessa” un po’ azzardata di un giornalino d’Istituto on-line.

“Dimmi e io dimentico, mostrami e io ricordo, coinvolgimi e io imparo”. Disse proprio così.
E’ vero che a scuola si seguono programmi, che alla fine dell’anno c’è da render conto di conoscenze e competenze acquisite, che ci sono scadenze da rispettare, ruoli ben definiti e…tutto quel che sapete. E’ anche vero, però, che c’è “modo e modo” per affrontare i programmi, per insegnare e per imparare, per acquisire competenze. Alcuni forse un po’ più “noiosi” -diciamo così- altri un po’ più “coinvolgenti”.

Chi insegna italiano sa bene che all’esame di Stato, ormai da diversi anni, una delle tipologie previste nella prima prova è la cosiddetta “tipologia B”. Sulla scorta di una traccia e di documenti che vengono inviati dal Ministero, lo studente può scegliere se cimentarsi in un “saggio breve” o in un “articolo di giornale”.
L’articolo di giornale, insomma, “s’ha da fare”. E’ parte del programma. Tocca. Volenti o nolenti.
Però, dicevamo, “c’è modo e modo”.

Un modo: l’insegnante, seduto in cattedra o, gessetto alla mano, in piedi alla lavagna, spiega come si scrive un articolo di giornale. Gli studenti, ligi (si spera) e attenti (chissà!) magari prendono anche appunti. Teoria pura.
Scommettiamo? Passati pochi giorni (poche ore? Pochi minuti?)…dimenticheranno.

Secondo modo: l’insegnante “mostra”. Legge articoli scritti da bravi giornalisti, oppure analizza insieme ai ragazzi un “pezzo” e su quel “pezzo” ragiona con loro per vederne le peculiarità, per capire che cosa lo differenzia da un “saggio breve” sullo stesso argomento. E’ quasi certo che l’allievo ricorderà di più.

Terzo modo: l’insegnante, probabilmente senza saltare i primi due passaggi citati sopra, è però arrivato al terzo gradino. Ha “detto”, ha “mostrato” e poi ha deciso di “coinvolgere” gli studenti, proponendo loro di ESSERE giornalisti, di fare esperienza delle cose che hanno imparato ma che erano solo teoria; li invita a…rischiare. Coinvolti nella sfida di “leggere criticamente la realtà”, gli studenti allora cominciano a sganciarsi dall’idea dei “compiti per casa” e ti si avvicinano propositivi, desiderosi di mettersi in gioco.

Attenzione: non è che in questo modo venga risparmiata o cancellata la “fatica”: scrivere è scrivere ed è un’operazione che va comunque fatta con rigore, impegnando tutte le fibre del proprio essere. Resta la fatica, ma capisci che ha un senso, perché qualcuno si è fidato di te e tu avverti la responsabilità del compito che ti sei assunto. E così racconti con passione la conferenza alla quale hai partecipato con la classe, o lo stage, o il viaggio di istruzione. Lo fai a nome tuo e della classe di cui fai parte; lo fai per comunicare un’esperienza significativa per te, col desiderio di condividerla affinché possa diventare significativa anche per altri. E sai che lo stesso, nello stesso momento, stanno facendo altri tuoi coetanei dell’ Istituto. Spinti dalle stesse ragioni, mossi dallo stesso desiderio.

Certo i passi, all’inizio, sono un po’ timidi, come accade sempre, del resto, quando si impara a camminare, anche da giornalisti. Poi i passi diventano più sicuri e scopri con stupore che stai…imparando. Che prima avevi bisogno di entrambe le mani dell’insegnante che prendessero le tue perché non cadessi e che ora te ne basta una o magari nessuna. E’ sufficiente sapere che l’insegnante ti è vicino, pronto ad aiutarti se sei in difficoltà.
E’ un po’ come imparare a nuotare, e così tutto torna.
Passeggeri della nostra “nave” immaginaria, qualche volta ci piace fare un tuffo in acqua e nuotare un po’. Salvagente e braccioli all’inizio, quindi solo i braccioli, infine si nuota autonomamente. E’ una sensazione bellissima, fidatevi.
Non vi convince? Provate ad immaginare un “corso di nuoto teorico”…

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