Se invece fosse che ogni ragazzo torna a casa portandosi qualcosa, in valigia, da questa esperienza, qualcosa che prima non aveva?
Comincio a chiedere.
- Questa esperienza mi ha fatta crescere attraverso la conoscenza non solo di persone nuove, ma anche attraverso temi e argomenti spesso trascurati.
Verifico che Strade Maestre è stata vissuta senza dubbio come un’esperienza di carattere culturale, come tante altre che fortunatamente vengono proposte in aula e fuori aula, ma che ha superato il confine di Rassegna di opere teatrali originali, prodotte e rappresentate da scuole e associazioni. Raccogliendo i fili sparsi tra le parole dei ragazzi, mi viene da comporre una trama di pensieri.
- A cosa serve sapere tutta la storia e risolvere qualsiasi esercizio di matematica se poi non si acquisisce la sensibilità di ridere, di commuoversi davanti a uno spettacolo, di incoraggiare con lo sguardo chi ha sbagliato e di vivere insieme agli altri come una famiglia, pur non conoscendosi se non da qualche giorno?
- Le difficoltà mi sembravano davvero troppe: perdere tre giorni di scuola, in quinta, può rappresentare un problema. Ma ora sto tornando e sento che ne è valsa la pena. La Matilda di un mese fa è stata saggia a non fasi sfuggire un’occasione simile.
- La parola che mi porto dentro alla valigia è “profondo”.
- Siamo riusciti a creare un gruppo con ragazzi di svariate età e provenienti da tutta Italia.
- Quattro giorni passati in compagnia a lavorare, ridere, scherzare, immaginare. Quattro giorni sono serviti per capire chi sono veramente, per uscire da quell’assordante monotonia piena di tristezza e angoscia. Quattro giorni sono pochi, ma quattro giorni sono bastati.
- Questa esperienza è stata un continuo cambiamento di emozioni: ti stupisce, ti fa riflettere, ti lascia nel dubbio. Nella valigia ho portato un mondo nuovo, diverso da tutti gli altri, anzi vari mondi.
Rifletto sulle lezioni in aula, sulle pagine dei libri di testo discusse in classe. La solidarietà, la democrazia, la cittadinanza, l’inclusione forse rimangono solo vuote parole, intrappolate nella bidimensionalità concettuale, se non si fanno materia, se non le si lavora con le mani, dando loro tridimensionalità quando le si riconosce nei fatti e le si esperisce nelle relazioni.
Continuo a raccogliere fili, a intrecciare pensieri.
- Io da Altopascio porto una nuova me stessa, più consapevole e più determinata a raggiungere i miei obiettivi.
- Mi sono sentita parte di qualcosa come mai prima d’ora.
- A volte mi sento la sola ad avere gli occhi illuminati di sogni ma dopo questi quattro giorni capisco di non essere l’unica.
- Questo viaggio ha portato in me un cambiamento in cui vedo la vita. Ho imparato che il gruppo, se mosso da un’unica ragione, può dare tantissime emozioni, può lavorare sereno, creando un’atmosfera unica. Le persone incontrate a teatro, o in un luogo qualsiasi, portano in sé mille esperienze e se il gruppo lavora sereno, queste esperienze emergono e vengono trasmesse agli altri. Quindi in questo modo ogni elemento del gruppo impara a conoscere gli altri, a capirne i “difetti” e i pregi, anche in poco tempo.
Guardo distratta dal finestrino, appoggio la testa al sedile, la stanchezza sta prendendo il sopravvento e gli occhi si chiudono. Mentre perdo temporaneamente coscienza, sorrido…
- Il mio bagaglio al rientro a casa è stracolmo, ho fatto fatica a chiuderlo per ripartire…non volevo che si chiudesse.