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Pensieri sparsi a Buenos Aires

Scritto da Antonella Mennitto, 3BL il 30 Marzo 2011.

Pensieri sparsi a Buenos Aires
Passeggio per le strade di Buenos Aires e osservo il mondo che mi circonda. Sono felice: anche se abito in Italia, questa è la città in cui sono nata, è la mia patria e sono felice, ora, di poter osservare questa realtà con occhi diversi, con occhi da “adulta”. Era da molto che non tornavo qui…
Penso a che scarpe acquistare: se le “Converse” rosse, verdi o bianche e, mentre penso, scatto alcune fotografie.
Mi piace passeggiare per queste strade affollate: avverto un senso di libero abbandono. Nelle grandi città è così. Nessuno s’interessa degli altri e quindi non ti senti osservato. Tutti vivono nella stessa realtà ma ognuno è “chiuso” nella propria.
C’è chi, come me, osserva ciò che lo circonda con occhi curiosi di conoscere e di scoprire un universo nuovo; chi è preoccupato; chi cammina in fretta con la sigaretta in bocca. Ci sono genitori con bambini che pare assaporino ogni singolo minuto della vita; c’è chi mangia un gelato; chi esce da negozi come “Lacoste” carico di borse; c’è chi parla al telefono, chi litiga, chi si bacia, chi  è indaffarato e tutto preso dalle sue cose, chi ti guarda con occhi morbosi e chi, ubriaco o drogato, gironzola sempre nello stesso punto, tanto nessuno ci fa caso.
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È una bellísima città, Buenos Aires: piena di turisti benestanti che comprano suvenir da portare ai propri cari, ai propri amici.
Mi sto divertendo e decido di comprare qualcosa anch’ io. Entro in un negozio e inizio a guardarmi intorno finché trovo un paio di “Havaianas”. Costano molto meno che in Italia e allora decido di comprarmene qualche paio. Sono serena e rilassata, soddisfatta e felice del mio acquisto. Esco dal negozio e mi fermo ad osservare ancora.
C’è un bambino, di fronte a me. Seduto in strada, completamente nudo, mangia una mela. Nonostante gli cada a terra più e più volte, la raccoglie e continua a mangiare. Ha l’occhio spento.
La gente gli passa davanti e non ci fa caso; nessuno fa caso a quel bambino nudo, seduto a terra, solo. Tutti probabilmente stanno pensando al proprio lavoro, a che gusto di gelato prendere, a che colore di scarpe comprare… Chiudo gli occhi e cammino, ma mi accorgo che la serenità che avevo non c’è più. E’ rimasta dietro l’angolo.
Arrivo in centro a Buenos Aires, dove c’è l’ Obelisco: la piazza dove fra pochi giorni canterà Placido Domingo. Tra i ricchi turisti che camminano veloci, vedo a terra un materasso. Sopra, qualche vestito e un cane che sta finendo di addentare una bistecca.
Ero contenta e spensierata, prima. Ora provo un senso profondo di tristezza, anche di rabbia. Cammino e mi chiedo come si fa a comprare un paio di “Converse” da 210 Pesos Argentini quando esci per strada e vedi bambini, soli, che soffrono la fame… Eppure io quelle scarpe le ho comprate!
Tornerò in Italia con le mie “Converse” e il ricordo di quel bambino, e dei suoi occhi, e di quella mela presa da terra e mangiata, e di quel materasso, e di quel cane, e di quel signore che curiosava tra l’immondizia per trovare…chissà…qualcosa da mangiare, qualcosa che gli potesse servire.
Tornerò in Italia senza aver fatto molto. Senza aver fatto niente…

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