Incontri e riflessioni

Una famiglia è chiedere troppo?

Scritto da anonima il 14 Aprile 2011.

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“Ciao! Come ti chiami?”.
“Michelle, piacere. E tu?”.
“Sarah, piacere mio. Quanti anni hai?”.
“Sedici”.
“Anch’ io! Dove abiti? Io vicino Milano”.
“In centro a Roma”.
“E abiti con la tua famiglia?”.
“La mia famiglia ormai non c’è più...”.
“…?”.

Oggi avevo finalmente trovato la voglia di fare un po’ di schemi per scuola, perché tra poco ci sarà l’interrogazione di storia. Ad un tratto arriva a casa mia mamma dalla palestra. Ciò non mi sorprende: sembra che ora la sua vita ruoti intorno alla palestra e al suo nuovo amico. Tutto okay: mi pare giusto che, dopo la separazione da papà, cerchi di rifarsi una vita…

Entra in casa, un po’ stanca, e le uniche parole rivolte a me sono: “Cosa ci fa lo smalto in entrata? E le borse sempre sopra il tavolo? Parlo per niente, con te!?”.  Le spiego che avevo appena usato lo smalto e, a proposito delle borse, le dico che non c’era posto sull’appendiabiti. Cerco di spiegarmi,  ma è come non mi ascoltasse e così incalza, alzando il tono di voce. “Ancora con queste scarpe in cucina! Almeno, ti sei ricordata di mettere in ordine i vestiti? Basterebbe mi ascoltassi e capissi che ogni cosa deve stare al suo posto… E invece, come al solito non mi ascolti…”. Penso che forse era meglio prima che parlasse, quando l’ho vista rientrare solo un po’ stanca….

“…”

Domenica. Una bella giornata. Finalmente al mare con i miei amici. Non mi reputo una ragazza nullafacente se, come tutti gli adolescenti, mi piace passare il tempo libero in compagnia degli amici!

Alle sette e mezzo di sera torno a casa. Entro in cucina e, accanto a mia mamma, vedo il suo amico. Stanno guardando qualcosa al computer.
Non capita spesso, ma non è la prima volta che preparo la cena solo per me, perciò apro il frigo. Un’insalata con la mozzarella mi pare la soluzione più veloce. In fondo, per un attimo mi sembra persino bello: quando ceno da sola, posso scegliere ciò che ho voglia di mangiare in quel momento, eppure ogni ‘forchettata’, nella mia bocca, ha un sapore amaro.
È il sapore della tristezza.
Provo ad aggiungerci un po’ di sale e un po’ d’olio. Ci sarà pur qualcosa contro quel cattivo sapore! Provo.
Il sapore viene in parte mascherato, ma non scompare.
Mangio con dei sorrisi finti stampati sulle labbra, poi decido di  fare una doccia: è la scusa migliore per uscire dalla cucina e andare di là a pensare. La nostalgia della famiglia mi fa compagnia.
L’unica cosa che vorrei davvero, in questo momento, è ciò che la maggior parte dei miei coetanei ha, e non si rende conto di avere. Tuttavia non mi scoraggio: l’esperienza mi ha insegnato che ogni cosa che capita nella vita, bella e brutta, ha un senso; che ne siamo consapevoli o meno. Ed ha, racchiusa nel profondo, una positività che magari non si svela subito, ma a poco a poco.
Penso alla mia vita, penso al mio presente e mi dico che qualcosa di bello prima o poi accadrà. Non so ancora  cosa, ma accadrà…

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