Incontri e riflessioni

Smaestri

Scritto da anonimo il 03 Febbraio 2012.

Smaestri
Cari signori ***,
quanto tempo! Vi ricordate di quanto eravamo vicini, tanto legati, così amici, di quelli che non si sarebbero mai e poi mai persi per strada? Probabilmente no. Chi sono mai io per scomodare qualche vostra preziosa cellula cerebrale, vero. Nessuno di voi, poi, ora che ci penso, si riconoscerà in questa lettera aperta.
Dicevamo. Tanto tanto tempo fa ho avuto l'immensa fortuna di incontrarvi. Ma no, non c'è la benché minima ironia in quello che dico, capirete il perché.
Erano brutti momenti, grande confusione, avevo appena chiuso una pagina e stavo per aprirne un'altra. Solitudine, tristezza, fraintendimenti, ma soprattutto la necessità di una chiave per decifrare una realtà nuova, apparentemente incomprensibile.
Ed ecco, come nei migliori racconti di povera gente salvata da provvidenziali angeli, voi, lì all'angolo ad aspettare me (ma che facessi in fretta, non c'era mica tutto questo tempo, su).
Che dire, non sarei la persona che sono ora, se quest'incontro non avesse mai avuto luogo. Vi siete presi la briga di insegnarmi quanto voi ritenevate buono e giusto; mi avete portato sulla vostra rettissima via; avete provveduto a fornire le vostre certezze e il vostro inarrivabile modo di pensare a chi, sicuro, non lo era per niente; avete reso forte e stabile me con la vostra ineffabile influenza; mi avete recuperato dalla massa di sfigati inguardabili (circa in 98% della popolazione circostante) nella quale rischiavo di sprofondare.
Di questo vi ringrazierò senza dubbio finché campo, e anzi, sapete cosa? Posso affermare che i maestri sono stati tanto bravi da farsi superare dall'allievo.
Adesso, dopo aver preso tanti colpi, dopo aver eliminato tanti veli che mi impedivano di capire, vi vedo per quelli che davvero eravate, siete e continuerete ad essere: insicuri, spaventati, confusi, insinceri nei confronti di voi stessi e per nulla consci dei vostri limiti; l'esatto contrario dei Grandi Maestri che vi ritenete essere, perché per sentirvi tali avete bisogno di qualcuno di più debole che ve lo dimostri in continuazione.
Arrabbiarsi non serve: l'unico sentimento da provare nei vostri confronti è pena, perché non sapete chi siete e avete paura di scoprirlo. A ragione.

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