Incontri e riflessioni

Ribellione giovanile: oggi come allora?

Scritto da La Falca il 01 Febbraio 2015.

Ribellione giovanile: oggi come allora?
Un po' di tempo fa, mentre facevo la mia corsa giornaliera, incontrai un signore che mi fermò perché incuriosito dalla maglia che indossavo. Quel giorno avevo indossato la maglia dei Nirvana che mi aveva regalato un mio amico. Ci fermammo a parlare, perché era stupito del fatto che, ancora oggi, ci fossero ragazzi che conoscessero il "mondo" di quando lui era adolescente. 
Nella nostra chiacchierata mi raccontò di quanto erano diverse le cose ai suoi tempi. Non c'erano l'iPod, l'mp3 o telefoni per ascoltare la musica, bensì la radio, che trasmetteva la musica più in voga. Allo stesso tempo, molti gruppi cercavano di sfondare e quindi erano più propensi a girare il mondo per promuovere la loro musica. "Non pensare che gente come i Rolling Stones siano arrivati dove sono oggi grazie ad un talent show...", mi disse ridendo.
I ragazzi di quell'epoca si distinguevano per i vestiti, le capigliature, i motorini; ogni gruppo aveva un suo determinato genere e ci s’identificava in base a quello. "I Levi's strappati erano un must a quell'epoca, non dimentichiamo però le creste super colorate dei punk inglesi, le voci roche che urlavano nei microfoni e che distruggevano gli strumenti degli americani, i paninari italiani e i figli di papà con la 50 special. Erano questi i nostri caratteri distintivi", mi disse. Ma come era stata possibile una rivoluzione giovanile così grande in un'epoca in cui Facebook, Twitter e i cellulari non esistevano? Questo signore assai bizzarro mi continuò a raccontare di come le università contribuirono molto, ma anche la società consumistica, che già allora puntava sui giovani. Questi ragazzi, inoltre, erano ispirati da desideri e fantasie, e da un senso di ribellione verso i propri genitori, che li portava a provare cose pazzesche: viaggi nel subconscio, nuovi modi di pensare, comunicare ed esprimere i propri sentimenti. "Era la fine degli anni '60", mi disse, "quando ci fu il più grande festival mai visto, Woodstock, e tutti quelli che ne ebbero la possibilità vi andarono. Tre giorni di musica ed esplorazione della mente. Qualunque giovane avrebbe voluto partecipare. Non era solo per il movimento hippie, che era nato in quegli anni, in cui si fumava erba e si avevano rapporti intimi davanti a tutti, ma era anche un ritrovamento dei sensi."
Proprio negli anni di Woodstock si è visto un grande senso di ribellione, ma con sentimenti di pace: nessuno di quei giovani avrebbe voluto la guerra. 
Le cose erano un po' diverse nella zona di Seattle: tutti i gruppi emergenti riversavano in un microfono il loro dolore e il bisogno di scappare; la musica univa folle immense. "C'erano le ragazzine, le groupie, fuori dai locali, il CBGB's di New York cadeva a pezzi, ma da lì sono passati tutti... Ramones, Nirvana... tutti loro.". 
Erano locali piccoli, bui, con le pareti piene di scritte, e proponevano la musica nella quale un po' tutti si identificavano. Ognuno era libero, non c'erano pregiudizi come oggi, si andava nei bar, ognuno faceva quello che voleva, c'era il fanatico della band, quello che ci andava per non stare a casa, quello che tentava di vendere nuove droghe, ma nessuno era criticato... era diverso da oggi: le relazioni erano vere, reali e non immaginarie e virtuali. 
"Penso che i genitori non si fossero accorti di cosa stesse realmente accadendo, era una sorta di rivoluzione; la gran parte delle persone si è svegliata nel '94, quando Kurt Cobain si è suicidato. In migliaia per la veglia, una massa di gente che faceva paura, le televisioni che documentavano incredule anche loro...", continuò a raccontarmi. Di come in quella massa fossero tanti, ma tutti uguali: jeans strappati, capelli lunghi, maglie rovinate... erano tante persone, con gli stessi ideali, che pregavano, piangevano e urlavano per il proprio idolo. 
Allo stesso tempo, non era tutto bello come può sembrare, ma in questi anni hanno preso vita i primi raduni all'insegna della musica techno, i rave party, che ci sono ancora oggi, e fanno più scalpore per i morti che si lasciano dietro. In quegli anni, invece, si portava il proprio corpo al limite, si andava oltre la mente, erano gli anni '90, le prime droghe sintetiche, l'LSD, l'ecstasy.. e si andava fuori, anche con l'aiuto della musica che si ascoltava, il rimbombo a non finire nella testa, e si vedevano draghi, fuochi, lupi, si volava... ci si sentiva liberi. 
Grazie a questa chiacchierata, durata tutto il tempo che solitamente dedico alla mia corsa, scopro cose nuove, mi si apre la mente. 
La frase di congedo di quel signore è stata "non torneranno quegli anni, ora l'informazione ha distrutto tutto, è troppo semplice comunicare ora...", e un po' mi dispiace di dover lasciare quest'uomo che chissà quando o se rivedrò. Ma allo stesso tempo sono felice, una felicità strana, e vedo il mondo con occhi diversi, ora.

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