Incontri e riflessioni

Più di tutto, quel giorno, tremava il cuore

Scritto da Chiara Mazzilli il 29 Marzo 2010.

Mary sedeva silenziosamente.
Non poteva fare altro.
Seduta in strada, addossata ad un muro, protendeva le mani a coppa verso quella folla di passanti indaffarati, che i suoi occhi non scorgevano più. Magari quel giorno se la sarebbe cavata con più di qualche spicciolo.
Alzò la testa verso quell’ombra più chiara. Forse il sole.
Se lo sentiva, però, che qualcosa sarebbe cambiato.

Indaffarata mi protendo verso il bancone dei surgelati.
Sei figli. Sei figli. Ma come mi era venuto in mente di farne così tanti?
Stira questo, lava quello, pulisci qui e la spesa...già, la spesa.
Butto nel carrello ancora qualche prodotto e mi fermo di fronte allo scaffale delle merendine. Difficile accontentare tutte quelle piccole bocche affamate dei miei figli ingrati.
Soffoco un gemito di disperazione.
Io non li volevo.
Non c’era maledizione più grande di tutti quei marmocchi che prendevano tutto e mai restituivano, delle due ragazze in piena fase adolescenziale con una tempesta ormonale fuori dalla norma e, inutile negarlo, di quel maledetto uomo che non faceva altro che chiedere. E io non avevo mai potuto scegliere.

Tina sapeva sfruttare al massimo quel poco che aveva e le piaceva pensare che fosse un dono innato.
Sorrise del suo corpo nudo riflesso allo specchio e accennò ad un gesto invitante, ancheggiando sinuosa. Che spettacolo per un maniaco!
Si avvicinò al cassettone per esaminare con affetto la collezione di biancheria. Si finse incerta, per protrarre il piacere, prima di scegliere un affascinante completo nero di seta e pizzo.
Slip e reggiseno, di marca francese, con una saggia e discreta imbottitura. Li indossò.
Inserì una lunga unghia smaltata sotto il lembo sigillato di una confezione di calze, ma quando le fece scivolare fuori, una si impigliò nelle sue dita umide e il filo si ruppe. Si concesse una breve ed efficace imprecazione, liberò la calza e verificò i danni, per fortuna minimi. Mentre la infilava, socchiuse le palpebre con un sospiro di compiacimento.
Scorrevano morbide come le carezze provocanti di un amante.
All’improvviso la carezza arrivò davvero. La mano dell’uomo percorse lentamente la sua spina dorsale.
Lei si voltò di colpo per baciarlo.
Una nuova ondata di passione li travolse e tornarono abbracciati tra le coltri del letto, unica protezione da un mondo in cui il rampollo di una nobile famiglia avrebbe potuto stare con una modesta ragazza come Tina soltanto come un uomo qualsiasi sta con una prostituta.

La droga giaceva sul tavolo e chiamava invitante Peter.
Lui, schiavo, preparò il materiale.
Sistemò una riga di coca su uno specchio rotto e con una cannuccia sudicia si preparò ad una bella dose. La sua porzione di oblio quotidiano.
Per dimenticare. Per dimenticarsi. Di sé. Della sua dipendenza sempre più forte. Del cancro ai polmoni di suo padre. Di Mary che stava dando alla luce la loro figlia proprio in quel momento. Del fatto che non era utile a nessuno.

Le note di un pianoforte si spalmavano nell’aria infrangendosi rabbiose contro i timpani di passanti.
Un’altra musica però iniziò all’improvviso: la musica della madre terra. L’unica padrona.
Più forte della terra, in verità, era il cuore che più di tutto, quel giorno, tremava.

Urla. Richiami. Grida. Passi di corsa.
Ormai distesa a terra, Mary non vedeva nulla. Ma poteva sentire. Aveva fatto dell’udito la sua seconda vista.
Avvertiva l’olezzo della paura. Tuttavia sorrise. E sorrideva ancora quando i calcinacci la sommersero.
Bisogna morire. Oggi o tra cinquant’anni, cosa importa?

Urlo e corro. I miei figli. Attorno a me la gente grida e strepita. I miei figli. Gli scaffali crollano. Volevo solo fare la spesa...

Terrorizzata Tina guardava il pavimento di camera sua aprirsi in una crepa. Ancora abbracciata a Tharon non riusciva a formulare pensieri coerenti.
“Tina!” Lei si voltò e con gli occhi pieni di lacrime il suo uomo la guardò.
“Ti amo...”.
Anche loro cadevano.
“Anche io..”.
Si sarebbero appartenuti. E per sempre.

La terra tremava, ma Peter non la sentiva.
Con la guancia sul tavolo ormai non sentiva più nulla. Ormai assente per sempre, Peter non avrebbe mai sentito la sua terra tremare e non avrebbe mai visto il volto di sua figlia.

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