Memoria di un viaggio nella memoria
Scritto da Vari il 21 Febbraio 2020.
È trascorso parecchio tempo dalla Giornata della Memoria, ma il viaggio interiore che lo spettacolo Storie di donne ebree ha fatto incominciare nelle menti e nei cuori dei giovani spettatori non si è concluso.
Ho il piacere di mandare in stampa 5 elaborati, immaginati come una lettera di un adolescente a una di quelle donne, di cui hanno toccato la vita per un momento, per il tempo di una finzione, per il tempo di un viaggio….
Prof.ssa M. Imperatore
Cara Laura,
ti chiamo col tuo nome, perché questa è la tua identità, non il numero di matricola 75676 tatuato sul tuo braccio. Non sei mai stata un numero, anche se posso immaginare che ogni giorno quel tatuaggio ti faccia ricordare il contrario. Com’è strano pensare che oggi i ragazzi si tatuino per avere dei propri simboli di riconoscimento e allora voi, ragazzi, non avete potuto scegliere ciò che vi rappresentava. Come non avete potuto scegliere di professare liberamente la vostra fede ed essere considerati una “razza diversa” … diversa da che cosa, poi? Talmente diversa che sui vestiti vi avevano fatto cucire una stella per riconoscervi e omologarvi.
ti chiamo col tuo nome, perché questa è la tua identità, non il numero di matricola 75676 tatuato sul tuo braccio. Non sei mai stata un numero, anche se posso immaginare che ogni giorno quel tatuaggio ti faccia ricordare il contrario. Com’è strano pensare che oggi i ragazzi si tatuino per avere dei propri simboli di riconoscimento e allora voi, ragazzi, non avete potuto scegliere ciò che vi rappresentava. Come non avete potuto scegliere di professare liberamente la vostra fede ed essere considerati una “razza diversa” … diversa da che cosa, poi? Talmente diversa che sui vestiti vi avevano fatto cucire una stella per riconoscervi e omologarvi.
Mi piacerebbe raccontarti che oggi tutto è cambiato, che l’uomo si è reso conto che non c’è distinzione tra bianco e nero, ricco e povero, cristiano, musulmano, buddhista, ateo, ma purtroppo non è così. Anche nel tempo della mia giovinezza si viene discriminati e, in alcuni luoghi, perseguitati, per il proprio credo o per le proprie idee!
La storia dovrebbe insegnare dagli errori, ma c’è gente che non vuole vedere, gente che per il potere e per il denaro non guarda in faccia a nessuno, proprio come è successo a te e alla tua famiglia.
Basta guardare i telegiornali: tutti i giorni si vedono scene di bambini denutriti e costretti a lavorare, donne vendute come fossero oggetti, paesi distrutti dai bombardamenti. Penso a quanto sono fortunata ad essere nata qui, a Portogruaro, città dove un tempo tu e i tuoi familiari vi rifugiaste. Io sono in un luogo protetto, molto lontana dai grandi mali che ho elencato, invece tu e la tua famiglia veniste catturati proprio nella tranquilla Portogruaro e portati con un treno ad Auschwitz.
Io abito proprio di fronte ai binari del treno e ogni giorno passano decine e decine di treni; mi piace pensare a dove stiano andando le persone sedute nei vagoni: chi al lavoro, chi a scoprire nuovi posti, chi invece semplicemente torna a casa dalla propria famiglia.
Per te e i tuoi cari invece salire sul treno è stato un viaggio verso la morte: la tua famiglia è stata sterminata, tu invece sopravvissuta con il corpo, ma sicuramente morta nell’ anima. Nessuno al mondo dovrebbe mai vivere ciò che voi avete vissuto, ma forse c’è un motivo in più se sei sopravvissuta: essere testimonianza vera, tramite il diario nel quale hai scritto le tue drammatiche vicende.
Concludo questa mia lettera con un grazie, perché, grazie al tuo coraggio e a quello di altri sopravvissuti, noi tutti possiamo renderci conto di come trascorrevate le giornate nei lager; solo i vostri racconti e le vostre pubblicazioni trasmettono le vere emozioni e i veri sentimenti che purtroppo avete provato: nessun testo scolastico sarà mai altrettanto efficace.
Saluti
Gaia Miglietta
Basta guardare i telegiornali: tutti i giorni si vedono scene di bambini denutriti e costretti a lavorare, donne vendute come fossero oggetti, paesi distrutti dai bombardamenti. Penso a quanto sono fortunata ad essere nata qui, a Portogruaro, città dove un tempo tu e i tuoi familiari vi rifugiaste. Io sono in un luogo protetto, molto lontana dai grandi mali che ho elencato, invece tu e la tua famiglia veniste catturati proprio nella tranquilla Portogruaro e portati con un treno ad Auschwitz.
Io abito proprio di fronte ai binari del treno e ogni giorno passano decine e decine di treni; mi piace pensare a dove stiano andando le persone sedute nei vagoni: chi al lavoro, chi a scoprire nuovi posti, chi invece semplicemente torna a casa dalla propria famiglia.
Per te e i tuoi cari invece salire sul treno è stato un viaggio verso la morte: la tua famiglia è stata sterminata, tu invece sopravvissuta con il corpo, ma sicuramente morta nell’ anima. Nessuno al mondo dovrebbe mai vivere ciò che voi avete vissuto, ma forse c’è un motivo in più se sei sopravvissuta: essere testimonianza vera, tramite il diario nel quale hai scritto le tue drammatiche vicende.
Concludo questa mia lettera con un grazie, perché, grazie al tuo coraggio e a quello di altri sopravvissuti, noi tutti possiamo renderci conto di come trascorrevate le giornate nei lager; solo i vostri racconti e le vostre pubblicazioni trasmettono le vere emozioni e i veri sentimenti che purtroppo avete provato: nessun testo scolastico sarà mai altrettanto efficace.
Saluti
Gaia Miglietta
LETTERE A RITA ROSANI
Cara Rita,
solo in questi giorni sono venuta a conoscenza della tua storia.
La mia prof d’italiano sta svolgendo un progetto sulle donne, e grazie al fascicoletto che ci ha assegnato, alla lezione in classe e alla visione dello spettacolo teatrale, ho potuto conoscere la tua breve vita.
Ho deciso di scrivere a te questa lettera, perché sono rimasta molto affascinata dalla grinta e dall’immensa forza che hai dimostrato… pensare che a soli 24 anni hai deciso di arruolarti come partigiana…
Vorrei tanto capire il motivo per cui hai deciso di intraprendere questa strada, quando potevi startene con la tua famiglia, e nasconderti dai nazisti che ti davano la caccia perché eri ebrea.
Rita, nel momento in cui vivo, ricordare l’olocausto non è per niente facile, perché ci sembra quasi impossibile pensare che l’umanità sia riuscita a commettere azioni che suscitano così tanto ribrezzo. Eppure è davvero successo.
Alcune volte penso che dovremmo ricordare di più e non solo il 27 Gennaio. Dovremmo ricordare tutte quelle persone che nel loro piccolo hanno cercato di lottare fino alla fine, come te.
Il 17 settembre, giorno della tua morte, dovrebbe essere ricordato, per celebrare la forza di una giovane donna ebrea, perseguitata ingiustamente, che si arruola come combattente e viene uccisa da 350 nazifascisti, con 14 compagni, senza scampo.
Dopo la tua morte, ti è stata riconosciuta la medaglia d’oro al valor militare, unica donna ebrea partigiana a riceverla, per onorare la tua memoria, ma il tuo decesso prematuro e totalmente ingiusto non dovrebbe essere comunque dimenticato.
Sai, dopo aver letto la tua storia ho pensato spesso ai tuoi genitori e al modo in cui si possono essere sentiti dopo aver ricevuto la notizia così tragica della tua morte. Pur essendo riusciti a salvarsi e a tornare a Trieste, saranno stati tormentati fino alla fine dei loro giorni dal dolore di aver perso la propria figlia così giovane.
Spero tanto che ciò che è successo a te e a milioni di ebrei serva a non far ripetere più un accaduto così doloroso, perché nessuno merita di essere trattato in questa maniera.
Ti ricorderò per sempre, te lo prometto.
Carmela Rischio
solo in questi giorni sono venuta a conoscenza della tua storia.
La mia prof d’italiano sta svolgendo un progetto sulle donne, e grazie al fascicoletto che ci ha assegnato, alla lezione in classe e alla visione dello spettacolo teatrale, ho potuto conoscere la tua breve vita.
Ho deciso di scrivere a te questa lettera, perché sono rimasta molto affascinata dalla grinta e dall’immensa forza che hai dimostrato… pensare che a soli 24 anni hai deciso di arruolarti come partigiana…
Vorrei tanto capire il motivo per cui hai deciso di intraprendere questa strada, quando potevi startene con la tua famiglia, e nasconderti dai nazisti che ti davano la caccia perché eri ebrea.
Rita, nel momento in cui vivo, ricordare l’olocausto non è per niente facile, perché ci sembra quasi impossibile pensare che l’umanità sia riuscita a commettere azioni che suscitano così tanto ribrezzo. Eppure è davvero successo.
Alcune volte penso che dovremmo ricordare di più e non solo il 27 Gennaio. Dovremmo ricordare tutte quelle persone che nel loro piccolo hanno cercato di lottare fino alla fine, come te.
Il 17 settembre, giorno della tua morte, dovrebbe essere ricordato, per celebrare la forza di una giovane donna ebrea, perseguitata ingiustamente, che si arruola come combattente e viene uccisa da 350 nazifascisti, con 14 compagni, senza scampo.
Dopo la tua morte, ti è stata riconosciuta la medaglia d’oro al valor militare, unica donna ebrea partigiana a riceverla, per onorare la tua memoria, ma il tuo decesso prematuro e totalmente ingiusto non dovrebbe essere comunque dimenticato.
Sai, dopo aver letto la tua storia ho pensato spesso ai tuoi genitori e al modo in cui si possono essere sentiti dopo aver ricevuto la notizia così tragica della tua morte. Pur essendo riusciti a salvarsi e a tornare a Trieste, saranno stati tormentati fino alla fine dei loro giorni dal dolore di aver perso la propria figlia così giovane.
Spero tanto che ciò che è successo a te e a milioni di ebrei serva a non far ripetere più un accaduto così doloroso, perché nessuno merita di essere trattato in questa maniera.
Ti ricorderò per sempre, te lo prometto.
Carmela Rischio
Cara Rita,
sono uno studente di Portogruaro.
Le scrivo perché ho letto la sua storia e mi ha colpito molto.
Non è stato facile, immagino, a 24 anni, in un clima di guerra e di grande sofferenza, decidere di mettere in pericolo la propria vita per tentare di fermare ciò che stava accadendo.
Lei invece, con molto coraggio, ha deciso di arruolarsi nel gruppo di partigiani della Banda Armata dell’Aquila, sapendo che forse non avrebbe più rivisto tutta la sua famiglia.
Ciò che le rende onore è che, oltretutto, lei, diversamente dai suoi compagni di reparto, era una ragazza di origini ebraiche e avrebbe rischiato di venire imprigionata nei campi di concentramento.
Io credo che si sia arruolata proprio per questo, perché in quel reparto ha trovato un gruppo di persone che, finalmente, manifestavano il coraggio di andare controcorrente e di opporsi a ciò che stava accadendo.
Il 17 settembre del 1944 lei e il suo reparto siete stati catturati da 350 nazifascisti e il suo coraggio è stato oltraggiato dal colpo di pistola di un sottotenente.
Lei non ha potuto rivedere i suoi amati genitori, che sopravvissero alla guerra e ritornarono a vivere a Trieste, non ha potuto godere del conferimento della Medaglia d’Oro al Valor Militare, come unica partigiana ebrea a ricevere questo riconoscimento.
Mi sento di essere orgoglioso, al suo posto, per tutto quello che ha fatto, perché grazie a lei e ai suoi compagni adesso questo mondo è, almeno in parte, cambiato. Mi impegno a ricordarla per sempre insieme a tutti quelli che hanno lottato.
Arrivederci e grazie per tutto quello che fatto per me e per la nostra società.
Nicolò Longo
LETTERA A INES ANCONA
Cara Ines,
scriverle ora questa lettera è un po’ strano, bizzarro direi, perché sono passati molti anni ormai dall’errore commesso e che tuttavia è ancora così vivo dentro di noi, come se fosse accaduto ieri.
Mi chiedo come sia possibile essere così spietati e crudeli verso delle persone innocenti, che vivono tranquillamente la loro vita con la propria famiglia.
La cosa che mi sconvolge di più è che proprio nella città che frequento tutti i giorni sia successo questo terribile episodio.
Mi fa rabbrividire pensare che si è rifugiata insieme a suo marito nella trattoria “Alla Colomba”, a cui passo poco distante quando quotidianamente mi reco a scuola; mi fa rabbrividire che qualcuno abbia fatto la spia, perché, anziché aiutarvi e proteggervi, vi ha buttato in pasto ai leoni.
È incredibile pensare come una piccola decisione, una parola detta, invece che taciuta, possa portare alla morte due persone e non oso immaginare come quell’italiano possa aver vissuto con la coscienza così sporca.
Come lei, altre milioni di persone tra cui bambini, ragazzini, adulti e anziani, sono stati uccisi o deportati in vari campi di lavoro e mi chiedo come la mente umana sia in grado di pianificare così facilmente lo sterminio dei propri simili.
Ci sono ancora casi in cui persone vengono uccise, picchiate o emarginate dalla società, perché di altre religioni o semplicemente per il colore diverso della pelle, ma allora io mi chiedo a cosa serva ricordare, se con il nostro comportamento, a lungo andare, potremmo ricommettere lo stesso errore?
Personalmente mi sento in dovere di chiedere scusa, non per me stessa, ma per tutte quelle persone che hanno permesso che tutto questo succedesse.
Paola Messina
scriverle ora questa lettera è un po’ strano, bizzarro direi, perché sono passati molti anni ormai dall’errore commesso e che tuttavia è ancora così vivo dentro di noi, come se fosse accaduto ieri.
Mi chiedo come sia possibile essere così spietati e crudeli verso delle persone innocenti, che vivono tranquillamente la loro vita con la propria famiglia.
La cosa che mi sconvolge di più è che proprio nella città che frequento tutti i giorni sia successo questo terribile episodio.
Mi fa rabbrividire pensare che si è rifugiata insieme a suo marito nella trattoria “Alla Colomba”, a cui passo poco distante quando quotidianamente mi reco a scuola; mi fa rabbrividire che qualcuno abbia fatto la spia, perché, anziché aiutarvi e proteggervi, vi ha buttato in pasto ai leoni.
È incredibile pensare come una piccola decisione, una parola detta, invece che taciuta, possa portare alla morte due persone e non oso immaginare come quell’italiano possa aver vissuto con la coscienza così sporca.
Come lei, altre milioni di persone tra cui bambini, ragazzini, adulti e anziani, sono stati uccisi o deportati in vari campi di lavoro e mi chiedo come la mente umana sia in grado di pianificare così facilmente lo sterminio dei propri simili.
Ci sono ancora casi in cui persone vengono uccise, picchiate o emarginate dalla società, perché di altre religioni o semplicemente per il colore diverso della pelle, ma allora io mi chiedo a cosa serva ricordare, se con il nostro comportamento, a lungo andare, potremmo ricommettere lo stesso errore?
Personalmente mi sento in dovere di chiedere scusa, non per me stessa, ma per tutte quelle persone che hanno permesso che tutto questo succedesse.
Paola Messina
LETTERA A FRANCESCA VIVANTE
Cara Francesca,
per me sarà difficile scrivere questa lettera poiché si tratta di un tema particolarmente delicato e non riesco ad immaginare gli anni di terrore che hai passato. Spero non ti dispiaccia se ti do del “tu”, mi fa sentire meno estranea e distante da te.
Nel mio presente si parla molto di ciò che è successo durante la Seconda Guerra Mondiale, soprattutto degli avvenimenti relativi alla Shoa, tanto che è stata anche istituita la Giornata della Memoria che serve a ricordare - anche se non si dovrebbe mai dimenticare - l’Olocausto degli Ebrei nei campi di concentramento ad opera della Germania nazista: si tratta del 27 Gennaio, lo stesso giorno in cui, nel 1945, le truppe sovietiche liberarono i pochi sopravvissuti dai lager. So che tra questi c’era anche tua figlia che ha scritto e pubblicato quello che è successo a te e alla tua famiglia durante la prigionia.
Io probabilmente non sarei riuscita a sopportarlo, forse non sarei riuscita neanche a ricordare, scrivendo, l’inferno che avete dovuto passare.
Mi capita di vedere film riguardanti l’argomento, che mi commuovono, mi struggono di dolore e mi mandano a dormire con la stessa domanda che mi batte in testa: -Io cosa avrei fatto?-. Anche se so che i personaggi non sono reali e che gli attori stanno bene, piango lo stesso, perché sono consapevole che a voi è successo veramente ciò che mi mostra la finzione filmica, forse anche di peggio. La risposta alla mia domanda si allontana sempre di più, poiché gli anni passati non leniscono una “ferita” ancora aperta, pertanto mi rendo conto che il mio e il tuo sono mondi completamente diversi e non riesco o non ho il coraggio di mettermi nei tuoi panni.
Ti saluto con affetto.
Una ragazza del 21° secolo (Chiara Megliola)
per me sarà difficile scrivere questa lettera poiché si tratta di un tema particolarmente delicato e non riesco ad immaginare gli anni di terrore che hai passato. Spero non ti dispiaccia se ti do del “tu”, mi fa sentire meno estranea e distante da te.
Nel mio presente si parla molto di ciò che è successo durante la Seconda Guerra Mondiale, soprattutto degli avvenimenti relativi alla Shoa, tanto che è stata anche istituita la Giornata della Memoria che serve a ricordare - anche se non si dovrebbe mai dimenticare - l’Olocausto degli Ebrei nei campi di concentramento ad opera della Germania nazista: si tratta del 27 Gennaio, lo stesso giorno in cui, nel 1945, le truppe sovietiche liberarono i pochi sopravvissuti dai lager. So che tra questi c’era anche tua figlia che ha scritto e pubblicato quello che è successo a te e alla tua famiglia durante la prigionia.
Io probabilmente non sarei riuscita a sopportarlo, forse non sarei riuscita neanche a ricordare, scrivendo, l’inferno che avete dovuto passare.
Mi capita di vedere film riguardanti l’argomento, che mi commuovono, mi struggono di dolore e mi mandano a dormire con la stessa domanda che mi batte in testa: -Io cosa avrei fatto?-. Anche se so che i personaggi non sono reali e che gli attori stanno bene, piango lo stesso, perché sono consapevole che a voi è successo veramente ciò che mi mostra la finzione filmica, forse anche di peggio. La risposta alla mia domanda si allontana sempre di più, poiché gli anni passati non leniscono una “ferita” ancora aperta, pertanto mi rendo conto che il mio e il tuo sono mondi completamente diversi e non riesco o non ho il coraggio di mettermi nei tuoi panni.
Ti saluto con affetto.
Una ragazza del 21° secolo (Chiara Megliola)