Lezioni di...
Scritto da Luce il 28 Febbraio 2012.
Finalmente posso dire qualcosa! Finalmente lascio che il mio pensiero si esprima! Non potete capire la liberazione!
Mi sto riferendo ad un nuovo corso che sto seguendo all’università questo semestre: Storia del Teatro e dello Spettacolo, il cui programma si basa sul rapporto fra il romanzo e il teatro e ci serviamo di brani tratti dalle opere di Luigi Pirandello, Pier Paolo Pasolini, Eduardo De Filippo e Carlo Levi, con lo scopo di andare a scandagliare i fondali del connubio fra testo e discorso.
A tenere questo corso è Paolo Puppa, professore all’Università di Venezia, ma anche commediografo, performer, scrittore e...chi più ne ha più ne metta! Potete anche trovarlo nelle bibliografie dei vostri manuali di Letteratura Italiana (se usate ancora l’adorato e sofferto Baldi). Insomma: un uomo “con gli attributi” che insegna una materia in cui tutto è concesso.
Mi spiego.
Partiamo dalle lezioni.
Il metodo è semplice: lezione frontale ma interattiva. Non è la solita ora e mezza in cui il docente parla a fiume e lo studente è chino sugli appunti, intento a mettere su carta il numero maggiore di parole possibili, cercando di seguire il fluire ininterrotto del professore. È un colloquio in cui c’è spazio per le rivelazioni sui testi affrontati, ma anche per le riflessioni degli studenti.
Quello che desidero far notare è che il clima, pur essendo universitario, è comunque più familiare e intimo rispetto a quello respirato in altri corsi. Ognuno è tenuto a firmare un foglio per indicare la propria frequenza al corso e poi questo lungo elenco di nomi viene consegnato a Puppa che chiama a “random” per porre domande filosofiche e per sentire le nostre idee riguardo all’argomento affrontato. È un metodo che, se volete, può incutere un po’ di timore, ma funziona per smorzare la tensione che c’è sempre tra discente e docente, ed è utile anche in vista dell’esame.
È una corrispondenza di pensieri in cui nulla è “sbagliato”, a patto che sia correttamente motivato. Ci si guarda negli occhi, si parla a voce alta e chiara; non ci si può nascondere, o meglio, si può anche farlo, ma a proprio rischio e pericolo.
Si gioca così ad una sorta di ping-pong, con l’obiettivo di arricchire il nostro patrimonio già sostanzioso di spunti e di appunti, e poi si mette in gioco l’emozione e la nostra sensibilità nei confronti del testo. Non è, questo, un gioco leggero, ma una sfida che mette alla prova il ragionamento.
Il messaggio di questo corso, e quindi di questo professore, è che non dobbiamo sottovalutare ciò che ci può offrire il nostro intelletto, aperto sempre a ricevere e a donare idee e contributi interessanti.
Il segreto è di parlare partendo da noi stessi, veicolo tra pensiero e parola, perché siamo proprio noi quel “rapporto” che lega il romanzo al teatro, l’uomo con le sue opinioni, le sue certezze e i suoi dubbi…
Ma questa è un’altra storia: quella del senso dell’esistenza dell’arte. Magari la racconterò un’altra volta, dal mio (modesto) punto di vista sul mondo.