Incontri e riflessioni

La fine dell'odio sembra sempre più lontana

Scritto da Mattia Calvi, ex-allievo il 15 Novembre 2015.

L'odio non ha religione. Ci insegnano fin da bambini che il cristianesimo è amore, ci insegnano ad amare il prossimo, ma proprio quando questo sembra essere ciò di cui c'è più bisogno, non si vede. Silente a qualunque chiamata, l'amore resta nascosto accanto alla fratellanza. Non esiste più il buono e il cattivo, ora esistono solo "cristiani ed occidente" e "musulmani e medio oriente": gruppi opposti, fazioni. Dalle crociate ad oggi, le battaglie in nome di divinità e pace non hanno tregua, senza nemmeno per un secondo chiedersi se è la cosa giusta, se c'è un'altra via. "O noi o loro". Sembra che quest'idea sia sempre più diffusa.

Oggi Parigi viene definita l'11 settembre della Francia. Io non mi trovo d'accordo. Sono senz'altro, entrambi, eventi terribili provocati dal terrorismo, ma questi due eventi drammatici a mio avviso non possono essere paragonati. Chiamare 11 settembre qualcosa che non è avvenuto quel giorno del 2001 sembra rendere questo nuovo giorno di sangue semplicemente qualcosa di catalogabile. Invece è necessario porsi una domanda. Come è potuto accadere ancora? Io credo che l'umanità abbia rinunciato alla propria umanità, e non è un gioco di parole.
A Parigi o in Medio oriente, durante i raid aerei non sono morti solo soldati e persone votate a una causa (che sia giusta o meno ora non conta più); sono morte persone che con l'Isis non avevano nulla a che fare. Sono morti bambini che dubito abbiano manifestato odio verso chi è “diverso”. I bambini non vedono diversità, vedono solo sofferenza, una sofferenza in cui non dovrebbero vivere.

Man mano che arrivavano le notizie sui fatti di Parigi ho visto sui social post per chiedere di cacciare gli stranieri senza pensarci un secondo. Al telegiornale ho sentito mobilitare l'esercito e le forze speciali. Poi ho letto di gente rispedita indietro: si chiudono i confini. Siamo tornati indietro nel tempo e la caccia alle streghe ora è diventata una caccia agli “infedeli”, per gli uni e per gli altri. Ma davvero è la religione il problema? Io credo di no. Gli ebrei furono perseguitati, i cristiani pure. Gli esempi possono essere infiniti. Qualcuno oggi pensa che una persona non possa indossare gli abiti tipici della sua fede e nazionalità perché la gente fa due più due e pensa di avere davanti un integralista pronto a uccidere.


Io non sono esterno alla faccenda per quanto lo vorrei, però mi prometto una cosa. Nella mia vita ho stretto mani di persone dalla pelle chiara, ma anche di asiatici e di afroamericani; di cristiani, di atei, buddisti e musulmani. Ho stretto la mano ad omosessuali come l'ho stretta a eterosessuali. Ho riso e scherzato con tutti costoro senza mai dubitare che fosse la cosa giusta. Ora non è che aprirei le porte a tutti: naturalmente il dubbio e il timore vivono anche in me, però non posso accettare che si faccia di tutte le erbe un fascio e che si usi la fede come scusa per coprire la cattiveria degli uomini.

Un giorno forse questo finirà, ma ogni volta la fine ci sembra sempre più lontana. L'uomo inventò la globalizzazione per creare un collegamento fra tutte le parti del mondo, ma ora sappiamo solo innalzare muri di filo spinato, fuori e dentro di noi.

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