L'ultima dea
Scritto da Filip Gavran il 29 Marzo 2010.
È una donna alta, magra, piuttosto pallida, dagli occhi scuri e profondi, neri come i capelli, lunghi e mossi. Ci salutiamo e sediamo l’uno di fronte all’altra. Non ho la minima idea di cosa dirle, per cui comincio quasi immediatamente con le domande.
D: Per prima cosa ci dica il Suo nome, almeno quello con cui vuole essere chiamata questa volta.
R: Ne ho molti, in effetti, anche maschili. Scegline uno qualunque, e dammi pure del tu, lo fanno tutti.
D: Una volta qualcuno ha utilizzato il diminutivo “Didi”. Mi piacerebbe riprenderlo. Come ti ho già spiegato, questa intervista è un lavoro scolastico e alle sedicenni non piace leggere ad ogni riga la parola Morte con la M maiuscola. Dunque… Come definiresti esattamente la tua funzione?
R: Io esisto da sempre, sono letteralmente vecchia quanto il mondo. Molti mi considerano la sua fine, e non è un’idea del tutto sbagliata, ma senza di me le cose nuove non troverebbero posto. Io regolo il “traffico” della strada della vita, e sono una delle cose che accomunano tutti gli esseri viventi: di fronte a me tutti sono uguali.
D: In genere le persone giovani ti ritengono malvagia e spietata, ma quelle vecchie sono più serene nei tuoi riguardi. Da cosa dipende?
R: Di solito dall’attaccatura alla vita. Sono nuovi al mondo, e come tutti sanno si fa presto ad affezionarsi alla propria esistenza. Gli anziani hanno capito che niente è immortale, perché hanno potuto vedere i risultati del mio operato. Questo non vuol dire che non apprezzino più la vita, ma solo che si stanno abituando all’idea che prima o poi finirà.
D: Per quanto riguarda i giovani, il fatto che le persone accettano con più difficoltà è la scomparsa prematura. Cosa puoi dire al riguardo?
R: Nessuna lo è. Quando si nasce si acquisisce il diritto di stare al mondo, ma non ci sono garanzie. Quanto al tempo, ne avete tutti in ugual misura: una Vita.
A questo punto ho deciso di glissare sulla questione della sua imprescindibilità, perché sarebbe stato un vicolo cieco dal punto di vista giornalistico.
D: Parlando di nascite: per i greci Ipno e Tanato erano gemelli. Quale dei due viene al mondo per primo?
R: Io.
D: Prima e ultima, quindi.
R: Sì. I viventi hanno la potenzialità di morire prima di avere quella di sognare.
D: Sei davvero vincolata al Destino come credono molti? Oppure sei più “flessibile”?
R: Questa è una risposta che vale innumerevoli vite. Ci sono eventi prestabiliti, e altri che per una ragione o un’altra si possono evitare, per un po’.
D: Dunque, sei entropicamente inevitabile? E che mi dici di coloro che decidono di farla finita? Hai mai “rifiutato” un suicida?
R: Il mio ruolo non è accettare o giudicare, ma solo di portar via. Se il libero arbitrio, portato all’estremo, mi spinge qualcuno tra le braccia, non ho né l’autorità né il potere di rifiutarlo.
D: Hai anche l’ubiquità? Voglio dire, non ti sto trattenendo, vero?
R: [sorride] Assolutamente no. Non sono una per tutti, bensì per ciascuno. In questo momento si stanno combattendo decine di guerre, e sono lì. Nelle parti più remote di una galassia lontana, proprio mentre stiamo parlando, una stella è esplosa, distruggendo un piccolo pianeta. Era l’habitat di molte intelligenze cristalline, fredde, calme e bellissime. Sono anche lì.
Rileggo per l’ennesima volta una pagina intera di domande e mi accorgo che nessuna, o quasi, ha più senso…
D: Gli dei muoiono?
R: Certamente, e, quando succede per davvero, non sono né compianti né ricordati. Le idee sono difficili da uccidere, ma possono morire, alla fine.
D: Fra tutte le persone che hai conosciuto, e direi che le hai conosciute proprio tutte, quali sono le tue preferite?
R: Quelle che hanno vissuto per davvero, che hanno qualcosa da raccontarmi. Ti dirò di più, prendi bene nota: nessuno è cattivo o severo o strano dall’interno. È il mondo che li fa diventare così. La vita è tutto ciò che avete, e tutto ciò che può distruggervi. Che siate re o schiavi, predatori o prede, io ci sarò per tutti, e vorrò sapere chi siete stati.
Quando la prima forma di vita venne al mondo, ero lì, ad aspettare. Quando l’ultima morirà, il mio compito sarà terminato; rimetterò le sedie sui tavoli, spegnerò le luci e mi chiuderò l’universo alle spalle.
Ha continuato a parlare ancora per un po’, ma non me la sento di riportare tutto su carta.
Alcune cose le cerchiamo e rincorriamo per tutta la vita, poi incontriamo lei, che ci parla, e tutto ha un senso.