Intervista immaginaria. Tra una scossa e l'altra, non crolla la speranza.
Scritto da Anto, 1DL il 29 Maggio 2012.
Sto entrando proprio in questo momento a Sant’Agostino, l’epicentro del terremoto che ha scosso l’Emilia-Romagna la scorsa settimana.
Cammino attorno alle “zone rosse”, le aree in cui i vigili del fuoco hanno proibito la circolazione e, sconcertata, vedo le macerie del campanile, ora ridotto in polvere, a 200 metri da me. Tutti gli edifici del centro storico, o almeno quelli che sono ancora in piedi, sono stati danneggiati irrimediabilmente da questo terremoto che non ha solamente privato il paese dei suoi monumenti più belli, ma anche di cinque suoi abitanti, vittime causate da quest’indomabile forza della natura.
Attorno agli accampamenti allestiti dalla protezione civile ci sono immense file di uomini, donne, anziani e bambini che attendono di sapere se possono rientrare nelle loro abitazioni per riprendere vestiti, medicinali, effetti personali… lo stretto indispensabile per sopravvivere il più possibile senza un tetto sopra la testa.
Allontanandomi dal centro scorgo poi una signora che riconosco essere la moglie di una delle vittime, perciò, dopo averle posto le mie più sincere condoglianze, le chiedo di rispondere ad alcune domande.
IO: Quali sono state le sue reazioni nell’istante in cui ha sentito il terremoto?
A.: Stavo dormendo quando la terra ha cominciato a tremare; non appena me ne sono accorta sono schizzata fuori dal letto e il mio primo pensiero è andato ai miei figli… Sono corsa in camera del più piccolo, otto anni, che mi ha guardata terrorizzato mentre gli urlavo di uscire dalla stanza (i suoi occhi vagano nel vuoto ripercorrendo mentalmente quegli istanti di terrore). Siamo usciti dalla casa in gran fretta mentre mio figlio di 18 anni ci seguiva.
IO: Cosa ha fatto negli istanti successivi al terremoto?
A.: Quando è terminata la scossa ho cercato di tranquillizzare i miei figli, sollevata del fatto che stessero tutti bene e che la casa fosse ancora in piedi.
IO: Non ha pensato che a suo marito poteva essere successo qualcosa?
A.: Sapevo che era al lavoro e secondo le prime notizie non c’erano state vittime perciò ero tranquilla…
IO: Quando ha cominciato a insospettirsi?
A.: Quando faceva il turno notturno, di solito, mi svegliavo prima e aspettavo che tornasse alle 6.30… Ho aspettato mezz’ora, un’ora, un’ora e mezza… e poi ho ricevuto la telefonata che mi ha informato dell’accaduto (i suoi occhi si abbassano e le mani, che prima gesticolavano furiosamente, ora sono inerti lungo i fianchi).
IO: Come ha reagito alla scoperta della morte di suo marito?
A.: Non ci potevo credere. Non ci volevo credere… (si toglie gli occhiali da sole che celavano le occhiaie, scavate dalle lacrime). Ma ho dovuto arrendermi all’idea. Lo devo ai miei figli; non posso crollare davanti a loro ora che sono il loro unico punto di riferimento (sconforto e determinazione si sovrappongono nel suo sguardo che punta dritto ai miei occhi).
IO: Quali sono le sue più grandi preoccupazioni per il futuro?
A.: I miei figli sono al primo posto. Io ho perso un marito ma anche loro hanno perso un padre: una figura che niente e nessuno al mondo potrà sostituire. Farò tutto ciò che posso per stare loro vicino in questo periodo perché superino lo sconforto e la disperazione e capiscano che solo perché non vedono il padre, on vuol dire che lui non sia sempre accanto a loro e che non li protegga (mentre parla, vedo che le mani cercano il crocifisso appeso ad una catenina che porta al collo).
Non ho parole da regalare a questa donna. Ammiro la sua forza e la sua determinazione. Con un abbraccio che esprime tutta la mia vicinanza, la saluto e le auguro un futuro il più sereno possibile.