I paesaggi dell'anima - Anno scolastico 2008/2009
Scritto da prof. Angelo Benvenuto il 29 Marzo 2010.
“ I paesaggi dell’anima”. Crescere da studente al “M. Belli”di Portogruaro.
Le studentesse e gli studenti che si formano nella nostra scuola crescono; acquisiscono saperi e competenze, si confrontano con altri giovani coetanei e con gli adulti; tessono amicizie, vivono amori, sperimentano inimicizie, provano antipatie, intrecciano rapporti con gli insegnanti, a volte cordiali e costruttivi, a volte meno. Accolgono con serenità quanto loro offerto dagli insegnanti durante le lezioni in classe; oppure vi combattono contro.
In ogni caso gli studenti faticano.
Nella nostra scuola, talvolta, dopo essersi diplomati, ritornano a salutare i compagni più giovani e alcuni insegnanti e, non raramente, con questi ultimi, mantengono rapporti culturali e confidenziali per molti anni ancora.
Altre volte scompaiono per sempre, lasciando un loro ricordo solo negli archivi della scuola.
Tutto questo rientra nella normalità di ogni scuola superiore italiana; anzi, gli insegnanti che provengono da altra scuola, spesso apprezzano il “Belli” per la relativa “serenità con cui si lavora” e per la serietà e l’educazione degli studenti.
Però: ci siamo abbastanza chiesti, mentre gli studenti sono impegnati a sostenere una verifica orale, a prepararsi per un compito scritto, ad ordinarsi gli appunti nel quaderno delle esercitazioni, quali siano le loro speranze, i progetti, le fatiche, i sentimenti, le inquietudini che essi portano nell’anima e che non raccontano che a pochi amici o a qualche (fortunato) insegnante ritenuto degno della loro confidenza?
Potremo anche rispondere che il nostro compito è quello di offrire loro una bella chiara e completa lezione di storia o di matematica o di diritto e questo è, in fondo, il nostro compito; solo che poi ci troviamo a lamentarci per:
- le loro ripetute ‘strategiche’ assenze;
- la mancata esecuzione dei compiti domestici;
- le numerose insufficienze che attribuiamo loro a fine anno; i debiti scolastici, le ripetenze;
- la sistematica (nonostante i regolamenti) uscita di alcuni durante le ore di lezione per andare alle macchine distributrici di bibite e caffè; o a fumare; o a telefonare;
- la comparsa di manifestazioni di aggressività, di insolenza, di rifiuto dell’autorità che a noi appaiono incomprensibili ed immotivate e che a volte nemmeno gli studenti stessi sanno giustificare.
Per tutti questi motivi abbiamo voluto dare ai nostri studenti lo spazio di parlare maggiormente di sé stessi; parlare non in senso generale ma intorno a dei ‘paesaggi’ scelti in comune, quali, (solo a titolo esemplificativo): la paura (di non farcela, della verifica, del prof., della famiglia, ecc.), la speranza, la fatica, l’inquietudine, l’amicizia, il nichilismo, la disuguaglianza, la solitudine, la competizione, l’amore, la violenza fisica e quella psicologica, la tenacia, la noia, le prospettive di lavoro, l’emarginazione, il fare ciò per cui ci si sente versati, il non poter fare ciò che ci viene meglio, l’arte e la scuola, la musica, la paura di tenere un discorso in pubblico, scrivere per sé, leggere ciò che a scuola non serve, dover leggere ciò che non serve a nulla, raccontare quello che si è imparato durante uno stage ospite ‘in famiglia’ …
Ciascuno poi si è scelto liberamente il ‘paesaggio’ ritenuto più adatto.
Non si è trattato affatto di modificare i programmi disciplinari curricolari , ma di inserire qualche contenuto interessante per gli studenti nel lavoro che normalmente facciamo di formazione delle competenze testuali, sia al biennio che al triennio; accettando anche l’evenienza di essere posti in discussione, ma certi, allo stesso tempo, di aver guadagnato qualcosa circa la capacità di motivare i nostri studenti e con frasi sicuramente diverse da: “studia perché c’è l’esame” o “siccome non hai voglia di studiare sono costretto a metterti quattro” o altre banalità del genere.
Perché abbiamo fatto questo? Per comprendere un po’ meglio il disagio di tanti studenti; per aiutarli a rimuovere o a ‘riorientare’ le loro difficoltà; per attenuare o battere il nichilismo così diffuso fra loro; per aiutarli a crescere liberi, competenti, consapevoli ed indipendenti.
Ma non era questo il fine della scuola?
Prof. Angelo Benvenuto,
referente al progetto “I paesaggi dell’anima” per il Dipartimento di Italiano,
a.s. 2008-2009