Essere insegnante è un privilegio
Scritto da Benedetta Cadamuro, V AL il 18 Luglio 2010.
Credo che il mestiere di insegnante sia difficile, ma assolutamente meraviglioso.
C’è qualcosa di estremamente umano nell’insegnare, nel tramandare.
Essere insegnante è un privilegio. E’ possibile donare un po’ di sé, è possibile consigliare, diventare parte di tante storie; è possibile aprire tanti orizzonti, com’è possibile chiuderli. E’ infatti possibile anche influenzare menti malleabili, il che, a ben pensare, è piuttosto inquietante.
Eppure resto della mia idea: essere maestro di scuola elementare o docente di scuola media o superiore ha un che di “sacro”; per essere più “terra-terra”, direi che ha un che di…necessario.
Non si può vivere senza “maestri”.
Non da tutti, tuttavia viene colto il profondo significato del proprio lavoro: c’è chi si sveglia, va a scuola, legge il libro in classe, beve il caffè, assegna le pagine da studiare e va a casa. Nessuna implicazione, nessun significato alla sua giornata. Nessun dispiacere, nessuna soddisfazione. Passivo lavoro. Solo un modo come un altro per pagare il mutuo.
Per alcuni insegnanti non è così.
C’è chi non ci sta.
C’è chi in ogni ora di lezione mette un po’ di sé, un po’ di quello che è.
C’è chi diventa insegnante davvero. Chi aiuta a crescere le persone. Chi riesce a sfiorare, in maniera lieve, delicata, quasi evanescente, il cuore di ciascuno di noi e dunque…l’ “immortalità”.
E non importa se la sua fatica, i suoi cali di voce, il suo interesse non è stato colto da tutti, perché io sono solo una persona, ma - come sento spesso - il mare è fatto di tante gocce. Io sono una di queste gocce e “certi” insegnanti possono aumentare sempre di più questo mare, farlo crescere, renderlo limpido. Loro possono.
Grazie dunque per tutto ciò che questi docenti mi hanno donato, magari inconsapevolmente.
Non dimenticherò mai ciò che hanno fatto per me, Benedetta.
Sì: per me “donna”, non solo per me “studentessa” della V AL dell’a.s. 2009-2010.
Grazie perché mi avete aiutato a diventare la persona che sono. Non sarò la migliore del mondo, ma mi sento in dovere di ringraziare chi ha contribuito a rendermi migliore di com’ero cinque anni fa.
Non è una “svirgolata” finale… A che servirebbe? Gli esami sono finiti e il dado è ormai tratto.
Ho aspettato questo momento per non influenzare alcun giudizio: non sarebbe stato giusto.
Ho scritto queste righe perché il mio cuore mi diceva di farlo, perché spero che questo mio gesto sia un incoraggiamento per continuare a donarsi a chi verrà dopo di me con la stessa passione che questi prof. un po’…“speciali” hanno speso con me.
E se queste righe non servono da incoraggiamento, spero almeno possano essere un bel ricordo del pezzo di strada che abbiamo percorso insieme in questi tre anni.
Quello che sto scrivendo viene direttamente dal cuore. Lo capisco da queste lacrime che continuano a scivolarmi sul viso.
Grazie per il tempo che mi avete donato.
Grazie per i consigli.
Per quello che mi avete insegnato.
Per i sorrisi, gli incoraggiamenti.
Grazie di essere stati parte importante della mia vita.
Non vi dimenticherò.
Per alcuni insegnanti non è così.
C’è chi non ci sta.
C’è chi in ogni ora di lezione mette un po’ di sé, un po’ di quello che è.
C’è chi diventa insegnante davvero. Chi aiuta a crescere le persone. Chi riesce a sfiorare, in maniera lieve, delicata, quasi evanescente, il cuore di ciascuno di noi e dunque…l’ “immortalità”.
E non importa se la sua fatica, i suoi cali di voce, il suo interesse non è stato colto da tutti, perché io sono solo una persona, ma - come sento spesso - il mare è fatto di tante gocce. Io sono una di queste gocce e “certi” insegnanti possono aumentare sempre di più questo mare, farlo crescere, renderlo limpido. Loro possono.
Grazie dunque per tutto ciò che questi docenti mi hanno donato, magari inconsapevolmente.
Non dimenticherò mai ciò che hanno fatto per me, Benedetta.
Sì: per me “donna”, non solo per me “studentessa” della V AL dell’a.s. 2009-2010.
Grazie perché mi avete aiutato a diventare la persona che sono. Non sarò la migliore del mondo, ma mi sento in dovere di ringraziare chi ha contribuito a rendermi migliore di com’ero cinque anni fa.
Non è una “svirgolata” finale… A che servirebbe? Gli esami sono finiti e il dado è ormai tratto.
Ho aspettato questo momento per non influenzare alcun giudizio: non sarebbe stato giusto.
Ho scritto queste righe perché il mio cuore mi diceva di farlo, perché spero che questo mio gesto sia un incoraggiamento per continuare a donarsi a chi verrà dopo di me con la stessa passione che questi prof. un po’…“speciali” hanno speso con me.
E se queste righe non servono da incoraggiamento, spero almeno possano essere un bel ricordo del pezzo di strada che abbiamo percorso insieme in questi tre anni.
Quello che sto scrivendo viene direttamente dal cuore. Lo capisco da queste lacrime che continuano a scivolarmi sul viso.
Grazie per il tempo che mi avete donato.
Grazie per i consigli.
Per quello che mi avete insegnato.
Per i sorrisi, gli incoraggiamenti.
Grazie di essere stati parte importante della mia vita.
Non vi dimenticherò.