Incontri e riflessioni

La solitudine che desta dal torpore

Scritto da Beatrice Samassa, 3BL il 01 Maggio 2011.

annomorte90Josè Saramago, scrittore portoghese che ricevette il premio Nobel nel 1998, nel romanzo “L’anno della morte di Riccardo Reis”, riflette, tra l’altro, anche sulla solitudine. Egli pensa alla solitudine come all’incapacità di “fare compagnia” a qualcuno o a se stessi, e non all’essere soli; e, ancora, alla distanza tra le foglie e le radici, e non ad un albero che si trovi in mezzo ad una pianura.
Secondo la mia esperienza è importante non vivere la solitudine come una sofferenza, come l’essere abbandonati a sé stessi, ma come un’opportunità per poter riflettere su di sé e trovare, così, il proprio posto nel mondo. Non sono infatti i luoghi in cui siamo che ci rendono soli, e nemmeno il nostro essere o non essere in compagnia di qualcuno. Forse è solo la nostra incapacità di saper ricercare dentro di noi ciò che siamo veramente, ciò che ci costituisce.
Solo facendo ciò possiamo superare quella sensazione di inutilità che ci sovrasta come un masso pesante sulle spalle o che ci fa precipitare nel buio più totale. E’ importante dunque accogliere tutto ciò che la vita ci fa trovare di fronte ogni giorno e percepirlo come una ‘sfida’, come un campanellino che ci sveglia dal torpore e dall’abitudine.
La solitudine, infatti, innesca in noi sensazioni di inerzia morale e di tristezza, che tendiamo a cogliere come il chiaro messaggio di “aver fallito”in qualcosa. In realtà, secondo me, è come se la vita ci stesse avvisando. E’ come il grillo parlante che cerca di farci vedere in modo oggettivo le situazione, togliendoci le “bende” dagli occhi. Se le sensazioni che però proviamo di fronte a questi avvenimenti sono negative, come quando avvertiamo solitudine ed essa ci “schiaccia”, ci rende inermi, esse non aiutano a farci riflettere e ci fanno ricadere, come per trabocchetto, in quel senso di inutilità che ci paralizza.
E’ per questo che dobbiamo imparare a reagire.
La sensazione di solitudine, dunque, non deve farci sentire inutili, ma è un’occasione di riflessione che deve aiutarci a trovare qualcuno dei mille “pezzettini” che compongono la vita e che, ogni tanto, hanno bisogno di essere incastrati in modo migliore e non frettolosamente, secondo i frenetici ritmi con cui viviamo i nostri giorni.
A volte, il senso di mancanza o di “stridore” che avvertiamo quando ci sentiamo soli, forse è proprio un pezzettino del nostro puzzle (e cioè della nostra vita) che va messo al posto giusto.
Tutto qui? Tutto qui.

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