Incontri e riflessioni

Conversazione con i seminaristi durante l'ora di religione.

Scritto da Redazione il 16 Dicembre 2011.

Conversazione con i seminaristi durante l'ora di religione.
Testi di studentesse della 4BL
   
Sasso, carta, forbice, di Linda Diamante
Incontro a scuola con i seminaristi di Pordenone, 23 Novembre 2011
Nel gioco si dice che una persona ha la stoffa per entrare in partita oppure no. Davide e Davide ce l’hanno. Il velo di leggerezza e spensieratezza nei loro occhi ci racconta che, loro, la scelta più importante l’hanno già compiuta. Sorridono e rispondono alla nostra curiosità morbosa con la pazienza di chi sa già che “carta” giocherà. La vita è un gioco un po’ più complicato degli altri. Niente più che una morra cinese in cui la scelta tra sasso, carta e forbice è consapevole e calcolata.
Sasso. Freddo, duro, immobile. Come i dubbi che ci paralizzano quando stiamo per compire un passo importante. Chiudersi in una corazza indistruttibile sembra la scelta più sicura. Ma anche il pezzo di pietra più piccolo, sovrastato da migliaia di altri nella strada di ghiaia, guarda con amara invidia al di là della staccionata che lo separa dal prato fresco e fiorito.  Tutti desideriamo la felicità. Davide ci racconta che, anche lui, aveva scelto di “giocare” in questo modo. Aveva tutto ciò che un ragazzo ventiseienne desidererebbe: una famiglia, amici, un buon lavoro e una ragazza. Ma non era felice. Come quando arrivi in cima a una scala ad occhi chiusi e ti aspetti un ultimo gradino: un vuoto incolmabile concentrato in quel passo nel nulla. E’ così che ha deciso di cambiare. Ha deciso che avrebbe dato un senso alla sua esistenza accompagnando gli altri nella ricerca della propria felicità. Rinunciando a molto, ma acquistando molto altro. Perché, più di qualche volta, rischiando si vince.
   
Carta. Ci avvolge e ci protegge, fragile e forte allo stesso tempo. Un foglio bianco, tutto da scrivere, la base neutra su cui disegnare una storia che ancora non sappiamo come andrà a finire: la nostra storia. Il suo candore inizialmente è troppo abbagliante, ci confonde e ci costringe a correre ad occhi chiusi, nel tentativo di raggiungere quel qualcosa di indefinito ma indispensabile che tutti, TUTTI rincorriamo. Cadere è inevitabile. E’ così che il foglio si strappa, si sporca, si macchia. E’ così che eliminiamo le strade sbagliate, è così che la trama viene delineandosi, è così che la storia prende forma. E, in fondo, è così che si vive. Tutti abbiamo bisogno di un foglio su cui abbozzare la storia della nostra vita, modificandola gradualmente giorno dopo giorno. E chissà che quello stesso foglio, con la sua tramatura fina e impercettibile, ci guidi verso il modello che è adatto a noi.
La carta si adatta a noi, non fa altro che assorbire le nostre storie, con i loro colori, le sbavature, gli strappi, le pieghe. Le mantiene vive anche quando il tempo spazza via la memoria degli uomini. La carta esiste per noi, che abbiamo bisogno di lasciare una traccia del nostro passaggio. Dà un senso a noi stessi, e noi le diamo senso allo stesso modo. Come la fede. Come Davide e Davide, che con la freschezza e la spensieratezza che solo i giovani possiedono, hanno deciso di mettere le loro vite al nostro servizio. Ci saranno quando vorremo scrivere qualcosa, ci lasceranno andare quando vorremo allontanarci. Non è una morsa, è un semplice abbraccio. Sta a noi decidere se aggrapparci o strapparlo. Perché ci hanno insegnato che la carta vince sul sasso: e se invece, insieme, vincessero entrambi?
   
Forbice. Tagliente e inarrestabile. Come la nostra diffidenza e insicurezza, che continua a sminuzzare instancabile ogni momento vissuto. Finché, alla fine di tutto, ciò che ci ritroviamo tra le mani è un mucchio di frammenti impossibili da ricomporre. I dubbi e le paure tagliano, graffiano, facendo del male a noi stessi e ad altre persone. E a volte il danno è qualcosa che non riusciamo nemmeno a vedere. Siamo tutti feriti, a quanto pare; alcuni di noi più di altri. Ma le forbici sono nelle nostre mani: possiamo scegliere se continuare a fare a brandelli le nostre vite, o cercare di rimediare alle ferite che abbiamo inferto. Perché, per quanto dolorosa possa essere, c’è sempre un’alternativa.
   
La vita è una morra cinese, e ce la giochiamo da soli.
Sasso, carta, forbice.
Cosa sceglierai?
   
L’incontro con i due seminaristi, di anonima
E’ stato molto interessante, e soprattutto un’occasione di riflessione, l’incontro con i due seminaristi di Pordenone, di 19 e 26 anni. A me ha fatto molto pensare che Davide, 19 anni, abbia preso così giovane una decisione importante come quella di intraprendere il cammino che lo condurrà al sacerdozio. Appena uscito dalle scuole superiori, ha deciso di entrare in seminario, di ‘scegliere la via del Signore’.
Questi due ragazzi sono in seminario perché desiderano diventare, più avanti, preti. La figura del prete è molto rilevante all’interno della società di oggi, ma questo dipende da quanto una persona sia credente. Essendo animatrice, frequento molto la chiesa e l’oratorio, per questo penso che il parroco abbia un ruolo importante all’interno della società. Quando però sento, ad esempio al telegiornale, che un parroco ha stuprato una ragazza ( ...e se ne sentono di casi! ), allora rimango particolarmente stupita e perplessa. Rifletto sul perché accadono queste cose e penso che se un sacerdote compie questi atti, non vuol dire che non sappia quali sono i suoi compiti e i valori in cui credere; credo che questi episodi orribili siano frutto di momenti di irrazionalità. E non lo dico per giustificarli!
Un altro ‘compito’ importante del parroco, per tenere “viva” la Chiesa, secondo me è il coinvolgimento dei giovani all’interno delle attività parrocchiali. Questo dovrebbe essere il suo obiettivo principale, in quanto una Chiesa circondata (non solo fisicamente) di giovani è la miglior cosa che esista.
Inoltre, riflettendo sul sacerdozio, credo che se un ragazzo decide di intraprendere questa strada non debba sposarsi ed avere figli perché il sacerdote è come se fosse sposato, ma con Dio. Infatti, il desiderio e il bisogno che un normale ragazzo ha di una donna, nel prete è ‘colmato’ da Dio.
Questo incontro mi ha fatto molto riflettere sulla figura del sacerdote, sulla sua importanza, sul suo ruolo all’interno della società, sui principali compiti che è necessario svolga e sugli obiettivi da raggiungere.
  
La ricerca della felicità, di Elisa Tasca
“Facendo questa scelta ho trovato la felicità, una piena felicità che non avevo mai provato perché nonostante avessi tutto mi mancava sempre qualcosa”.
23 Novembre 2011. Davide e Davide, D&D. 19 e 26 anni. Persone diverse, età diverse, percorsi diversi, maturità e caratteri differenti, ma una caratteristica particolare in comune, oltre al nome: la felicità. Una felicità slegata dallo sballo, dalle discoteche, dal “sesso, droga & rock’n’roll”: una felicità pura e semplice data dalla “sola” fede in Dio, che li spinge ad amarlo infinitamente, tanto da dedicargli l’intera vita. Dicendo “sola” non voglio banalizzare o minimizzare, anzi. La scelta di diventare sacerdote appare come una decisione fuori dal comune, strana e a volte criticata, tanto che si scivola in inutili discriminazioni o prese in giro. Non li considero affatto ragazzi coraggiosi o “diversi”: sono ragazzi comuni con un obiettivo preciso e ammirabile che li ha aiutati a trovare il loro posto nel mondo, la piena felicità, educandosi ad abbandonare gli istinti naturali dell’uomo.
Personalmente ammiro la loro scelta, sebbene non comprenda la felicità che provano perché credo che la vita che stanno intraprendendo sia ricca di limiti, privazioni e divieti. La mia perplessità  è grande e i miei dubbi infiniti, nonostante abbia visto in loro una forza e una coscienza di sé stessi inimitabili. E ciò che mi stupisce è il fatto che la loro felicità derivi dall’amore per Dio, un amore che solo chi ci crede veramente può sperimentare, un Dio che io sento ancora molto lontano.
In loro ho visto una grande semplicità ed una ricchezza d’animo invidiabili, oltre ad una sincera obbiettività nel rispondere e controbattere alle nostre domande e alle nostre critiche, riguardo l’istituzione ecclesiastica in generale e alla sua perdita di valore. Riconoscendo pregi e difetti, sono stati critici e sono consapevoli che c’è bisogno di un cambiamento indirizzato anche ad avvicinare i giovani alla fede, perché sono loro che manderanno avanti il mondo. Noi giovani siamo il futuro, ma abbiamo bisogno d’essere capiti, ascoltati e di trovare un punto di riferimento e una felicità che ci appaghi, come è accaduto a Davide e Davide, soprattutto nella società attuale dominata da una continua ricerca di ciò che non si ha, da un insaziabile desiderio di ciò che, in fondo, non ci serve.
Chi meglio di loro, quindi, può aiutarci a trovare il nostro posto nel mondo?
Diamo tempo al tempo con la speranza di ritrovarci, un giorno, a parlare di ciò che forse ci accomunerà: la felicità.

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